mercoledì 24 dicembre 2014

Il presepe genovese

Presepe Artistico del Santuario della Madonnetta


Il presepe genovese è, fra i molti delle varie città italiane, quello che - assieme al presepe napoletano ed a quello bolognese - gode di maggior prestigio vantando antiche e consolidate tradizioni, tanto da aver dato vita, nel Settecento, ad una vera e propria scuola.

A tale scuola è attribuito notevole valore, oltre che per l'antico radicamento sul territorio di numerose botteghe artigiane, nelle quali venivano realizzate le prime figurine per la sacra rappresentazione, soprattutto per la minuzia e la pregevolezza dei materiali usati (dal legno alla ceramica, ma, anche, alla carta adoperata per produrre raffinate sagome disegnate) con cui - soprattutto nel passato - venivano rifinite nei minimi particolari le statuine (vestimenti, particolari dei volti, ecc.) destinate a prendere vita sotto una rigorosa volta celeste.

Della rappresentazione della Natività di Gesù Cristo nel capoluogo ligure - spesso definita con il nome alternativo di presepio - si ha notizia a partire dal XVII secolo quando già era attiva a Santa Maria di Castello una Compagnia del Santo Presepio ed alcune figure in legno destinate alla chiesa di San Giorgio venivano commissionate all'intagliatore Matteo Castellino.

Dalle origini, per consolidare una tradizione che a Genova sarà ancora molto sentita nei secoli seguenti, occorrerà attendere però circa ancora un centinaio di anni: dal secolo dello splendore, il Settecento, la riproduzione della grotta di Betlemme con tutti i suoi protagonisti - attori di uno degli eventi più importanti della cristianità - non avviene più soltanto nelle chiese ma anche nelle case di patrizi e borghesi, dando vita, così, al moltiplicarsi delle botteghe artigiane specializzate nell'intaglio del legno.

Molti fra i presepi genovesi rimangono allestiti, al giorno d'oggi, per tutta la durata dell'anno. Fra essi (ed è probabilmente il più attraente e rinomato di tutti) ve ne è uno, in particolare, organizzato a scena fissa ed impreziosito da statuine della scuola di Anton Maria Maragliano (1664-1739), la cui bottega fu tra le più rinomate nella produzione di figurine da presepe. È di ambientazione prevalentemente urbana e si trova nel Santuario di Nostra Signora di Carbonara, conosciuto come Santuario della Madonnetta.

Il presepe è articolato - su di un'area di circa cento metri quadrati - in cinque quadri, tre dei quali, in posizione centrale, sono ambientati - con grande resa scenografica - in una ideale Genova del Sei-Settecento. Vi si scorgono i tipici carrugi (o carruggi), oscura ragnatela di angusti vicoli - molto spesso maleodoranti ed umidi - che tutt'oggi costituisce la trama di quella sorta di enclave che è il centro storico genovese, uno fra i più estesi se non il più esteso in senso assoluto d'Europa. Gli altri due quadri, posti lateralmente, sono invece ambientati uno, quello a sinistra, nella campagna fuori le porte, verso la Valbisagno, e l'altro, quello alla destra, nella culla della cristianità: Gerusalemme.

Il significato - anche didascalico - dell'operazione scenografica dei curatori del presepe è piuttosto evidente, nella sua intenzione di unire - nella concezione religiosa e filosofica del messaggio cristiano - l'Oriente e l'Occidente, in una città - Genova, appunto - che molto ha mutuato, e molto mutua ancora, dalla cultura mediterranea che si espande dalle coste dell'Africa.

sabato 20 dicembre 2014

Il presepe napoletano

Il presepe napoletano della Reggia di Caserta 


Il presepe napoletano è una rappresentazione della nascita di Gesù ambientata tradizionalmente nella Napoli del Settecento.

L'arte presepiale napoletana si è mantenuta tutt'oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate e seguite della città. Famosa a Napoli, infatti, è la nota via dei presepi (via san Gregorio Armeno) che offre una vetrina di tutto l'artigianato locale riguardante il presepe. Inoltre, numerosi sono i musei cittadini e non (come il museo di San Martino o la reggia di Caserta) nei quali sono esposti storici pezzi o intere scene che ambientati durante la nascita di Gesù.

Il primo presepio a Napoli viene menzionato in un documento che parla di un presepio nella Chiesa di S. Maria del presepe nel 1025. Ad Amalfi, secondo varie fonti, già nel 1324 esisteva una "cappella del presepe di casa d'Alagni".

Nel 1340 la regina Sancia d'Aragona (moglie di Roberto d'Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo di San Martino.

Altri esempi risalgono al 1478, con un presepe di Pietro e Giovanni Alemanno di cui ci sono giunte dodici statue, e il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino, visibile a Sant'Anna dei Lombardi.

Nel XV secolo si hanno i primi veri e propri scultori di figure. Tra questi sono da menzionare in particolare i fratelli Giovanni e Pietro Alemanno che nel 1470 crearono le sculture lignee per la rappresentazione della Natività. Nel 1507 il lombardo Pietro Belverte scolpì a Napoli 28 statue per i frati della Chiesa di San Domenico Maggiore. Per la prima volta il presepio fu ambientato in una grotta di pietre vere, forse venute dalla Palestina, ed arricchito con una taverna. Nel 1532 secolo registrò delle novità: Domenico Impicciati fu probabilmente il primo a realizzare delle statuine in terracotta ad uso privato. Uno dei personaggi, altra novità, prese le sembianze del committente, il nobile di Sorrento, Matteo Mastrogiudice della corte aragonese. Nel 1534 arrivò a Napoli San Gaetano da Thiene che aveva già dato prova di grande amore per il presepio in Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. L'abilità di Gaetano accrebbe la popolarità del presepio e particolarmente apprezzato fu quello costruito nell'Ospedale degli Incurabili. Si deve ai sacerdoti scolopi, nel primo ventennio del Seicento, il presepio barocco. Le statuine furono sostituite da manichini snodabili di legno, rivestiti di stoffe o di abiti. I primissimi manichini napoletani erano a grandezza umana per poi ridursi attorno ai settanta centimetri. Il presepio più famoso fu realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchessa. La Chiesa degli scolopi lo smontava ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu un'innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi. Nel 1640, grazie a Michele Perrone, i manichini conservarono testa ed arti di legno, ma furono realizzati con un'anima in filo di ferro rivestito di stoppa che consentì alle statue di assumere pose più plastiche. Verso la fine del Seicento nacque la teatralità del presepio napoletano, arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, a rappresentare in ogni arte la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepio statue di personaggi del popolo come i nani, le donne con il gozzo, i pezzenti, i tavernari, gli osti, i ciabattini, ovvero la rappresentazione degli umili e dei derelitti: le persone tra le quali Gesù nasce. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine delle colonne pagane. Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d'oro, uscì dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell'aristocrazia. Nobili e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati. Giuseppe Sanmartino, forse il più grande scultore napoletano del Settecento, abilissimo a plasmare figure in terracotta, diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.

La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia e più laicamente s'interessa dei pastori, dei venditori ambulanti, dei re Magi, dell'anatomia degli animali. Benché Luigi Vanvitelli definì l'arte presepiale "una ragazzata", tutti i grandi scultori dell'epoca si cimentarono in essa fino all'Ottocento inoltrato.

Nel Seicento il presepe allargò il suo scenario. Non venne più rappresentata la sola grotta della Natività, ma anche il mondo profano esterno: in puro gusto barocco, si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura e le scene divennero sfarzose e particolareggiate (Michele Perrone fu tra gli artisti principali in questo campo), mentre i personaggi si fecero più piccoli: manichini in legno o in cartapesta saranno preferiti anche nel Settecento.

Il secolo d'oro del presepe napoletano è il Settecento, quando regnò Carlo III di Borbone. Per merito della fioritura artistica e culturale in quel periodo anche i pastori cambiarono il loro sembiante. I committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili.

Una delle collezioni più ricche e più grandi di presepi nel mondo si trova nel Museo Nazionale Bavarese (Bayerisches Nationalmuseum) a Monaco di Baviera. La maggior parte della collezione è arrivata al museo dalla collezione privata di Max Schmederer.

Ma il Museo della Certosa di San Martino è certamente il punto di riferimento per gli studi sul presepe Napoletano, oltre ai ricchi presepi ancora conservati integri a Napoli e altrove. Forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano è il presepe Cuciniello realizzato tra il 1887 e il 1889 ed esposto a San Martino; un altro celeberrimo, esposto talvolta a palazzo reale, è il Presepe del Banco di Napoli.

Nel Novecento questa tradizione è gradualmente scomparsa, ma oggi grandi presepi vengono regolarmente allestiti in tutte le principali chiese del capoluogo campano e molti napoletani lo allestiscono ancora nelle proprie case.

giovedì 18 dicembre 2014

Virna Lisi



Oggi è morta Virna Lisi. L’attrice aveva 78 anni. 

Nata ad Ancona e trasferitasi successivamente a Roma, Virna Pieralisi, questo il suo vero nome, viene scoperta all’età di soli 14 anni, ed inizia appena adolescente a muovere i primi passi nel mondo del cinema, contro la volontà paterna. Le sue prime parti da attrice sono in film del genere strappalacrime, molto in voga negli anni ’50. Poi a metà dello stesso decennio le prime commedie, anche al fianco di Alberto Sordi in Lo Scapolo di Antonio Pietrangeli. 

Il grande successo arriva con una pubblicità, nel 1957, è il volto dello spot del dentifricio Chlorodont, che viene trasmesso durante Carosello, con lo slogan (diventato un vero tormentone) “Con quella bocca può dire ciò che vuole”. 

Nel 1960 arriva il matrimonio con quello che sarà il grande amore della sua vita, l’architetto romano Franco Pesci. A lui Virna sarà legata per tutta la sua vita, un matrimonio durato 53 anni, fino alla morte di lui nel 2013. Da quell’unione è nato un figlio, Corrado. Dopo un momentaneo allontanamento dalle scene, per occuparsi proprio del figlio e della famiglia, Virna torna a recitare in numerose commedie Rai, e anche al cinema, dove è al fianco di Totò in Sua Eccellenza si fermò a mangiare. La sua fama si diffonde ben presto oltre i confini italiani, inizia a lavorare in Francia dove interpreta tra l’altro Il tulipano nero e Il delitto Duprè. La seconda metà degli anni ’60 segna il suo debutto nel cinema hollywoodiano, e si trasferisce con marito e figlio a Los Angeles. Il suo primo film a Hollywood è Come uccidere vostra moglie, in cui recita al fianco di Jack Lemmon e Therry Thomas. Una pellicola rimasta nella storia per la scena in cui la Lisi esce dalla torta di compleanno indossando solo un bikini.

Bellissima e ammiratissima, Virna diventa però presto insofferente al ruolo di “bambola bionda” che le viene affibbiato dal mondo dello starsystem americano. Per questo rifiuta nel 1968 il ruolo da protagonista del film Barbarella, così come dice no a Playboy che l’avrebbe voluta immortalare in copertina. In tutta risposta lei rescinde il contratto con la Paramount e torna in Italia. Qui riprende a lavorare per produzioni italiane ed europee, nel 1977 il ruolo di Elizabeth Nietzsche nel film Al di là del bene e del male le vale il Nastro d’argento come miglior attrice non protagonista. È del 1980 invece il suo primo David di Donatello per La cicala. Gli anni ’80 sono un periodo di grande attività per lei, che torna a comparire anche in pellicole hollywoodiane tra cui I love N.Y. diretto da Alan Smithee. Tante le commedie che la vedono protagonista anche in televisione, dove è interprete di alcuni degli sceneggiati Rai di maggior successo di quel periodo.

Gli anni ’90 sono per lei all’insegna delle miniserie televisive, come I misteri della giungla nera, ma anche dei film prodotti in Francia: la sua interpretazione in La Regina Margot, tratto dal romanzo di Alexander Dumas padre le valse il premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Cannes. Un decennio che la vede appunto fare la spola fra la terra francese e l’Italia, nel 1996 interpreta Và dove ti porta il cuore di Cristina Comencini ispirato al romanzo di Susanna Tamaro. E vince, ancora una volta, il Nastro d’argento. Dal 2000 in poi la vediamo quasi esclusivamente in televisione, lunghissimo l’elenco delle fiction che la vedono protagonista, da Caterina e le sue figlie a L’onore e il rispetto, Il bello delle donne. Nel 2009 riceve il premio alla carriera ai David di Donatello. Una vita sotto i riflettori, ma sempre accanto al compagno e marito Franco Pesci. E quando lui, nel 2013, muore dopo una grave malattia, per Virna è un dolore infinito. 

sabato 13 dicembre 2014

Il presepe bolognese

Complesso monumentale della Basilica di Santo Stefano a Bologna (detto anche "Le sette chiese"). Gruppo ligneo policromo dell'Adorazione dei Magi, del 1370, conservato nell'edificio del Martyrium'.  Foto di Giovanni Dall'Orto - 


Il presepe bolognese può vantare una tradizione plurisecolare che risale al XIII secolo.

Il presepe più antico esistente nella provincia di Bologna è quello conservato, almeno dal 1560, presso la parrocchia di Capugnano, nel comune di Porretta Terme. Si tratta di un gruppo di figure di pregevole fattura, alte circa 60 cm, destinate all'allestimento della scena della nascita di Gesù all'interno di un'abitazione o di una piccola chiesa.

Nella basilica di Santo Stefano a Bologna si conserva il più antico presepe al mondo con statue a tutto tondo risalente al XIII secolo, ritenuto uno dei più grandi d'Italia. La Basilica, nota anche come "Le Sette Chiese" o "la Gerusalemme bolognese", fu per secoli un'importante tappa nei percorsi dei pellegrini che si recavano a sud verso Roma o Gerusalemme, o a ovest verso Santiago de Compostela. Il flusso di pellegrini fu uno dei fattori che stimolarono la notevole produzione di arte sacra a Bologna, e richiamarono in città molti artisti, tra cui sculturi e ceramisti, che si cimentarono anche nella realizzazione di statue e figure per i presepi delle principali chiese.

A partire dal XVIII secolo, alla produzione artistica si affiancò l'offerta delle botteghe artigiane, che realizzavano, per lo più con l'uso di stampi, figurine destinate ai presepi domestici. Per la vendita di tali articoli venne istituita la Fiera di Santa Lucia, un mercato annuale che si teneva nel periodo attorno al 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, davanti alla chiesa intitolata alla santa in Via Castiglione, attuale Aula Magna dell'Università di Bologna. Dopo l'arrivo delle truppe napoleoniche in città nel 1796, la fiera venne spostata sotto il portico della Chiesa di Santa Maria dei Servi, in Strada Maggiore, dove tuttora viene organizzata ogni anno nel periodo che precede il Natale. Da oltre due secoli, quindi, per i bolognesi è una tradizione visitare la Fiera di Santa Lucia per acquistare statuine, casette, muschio, fondali, luci, addobbi natalizi e dolciumi. A partire dagli anni 1980 molti banchi tradizionali sono stati progressivamente sostituiti da venditori ambulanti di articoli eterogenei, ma, seppure con un'offerta ridotta rispetto al passato, il mercatino di Santa Lucia rimane l'unico in città dove è possibile trovare figurine e accessori per il presepio.

Il presepe bolognese si distingue da altre tradizioni presepistiche italiane, per esempio quella napoletana, perché i personaggi sono scolpiti o modellati per intero, abiti compresi. Non si tratta quindi di statue vestite, né di figurini con volto e mani di legno o ceramica e abiti di stoffa. Vari materiali possono essere impiegati, dalla terracotta alla cartapesta, dal legno al gesso, a seconda delle capacità dell'artista o dell'artigiano, del metodo di produzione e della clientela a cui è destinata. Per valorizzare il patrimonio artistico e la tradizione artigianale locale, il Comune e la Diocesi di Bologna hanno pubblicato congiuntamente un opuscolo, intitolato Le Vie dei Presepi a Bologna e in Provincia, che presenta oltre 60 luoghi dove è possibile visitare presepi d'arte, tradizionali, meccanici. Una collezione di presepi tradizionali bolognesi è esposta permanentemente presso il Museo Davia Bargellini; altri presepi sono visibili tutto l'anno presso il Museo della Beata Vergine di San Luca e presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Durante il periodo natalizio, tra i più noti e visitati ci sono il presepe tradizionale meccanico della Basilica di San Francesco, in Piazza Malpighi, e la rassegna presepistica organizzata dall'Associazione Italiana Amici del Presepio presso la Chiesa di San Giovanni in Monte.

Un’altra esposizione di Presepi conosciuta a Bologna è inoltre quella che lo scultore Ivan Dimitrov negli anni ‘90 e fino al 2009 ha realizzato a Palazzo Re Enzo ed in altri spazi espositivi bolognesi, alcuni dei quali in omaggio ai grandi Maestri della storia dell'arte (Leonardo, Brueghel, Durer, Rembrandt, Rubens)

Un altro evento tradizionale legato al presepe a Bologna è la Gara Diocesana Il Presepio nelle famiglie e nelle collettività. Fu istituita nel 1954 dall'allora cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, come iniziativa pastorale per promuovere la pratica cristiana del presepio nella comunità locale. Possono concorrere tutti i presepi, non solo quelli allestiti nelle chiese: alla gara partecipano molte scuole, ma anche caserme, ospedali, condomini, gruppi di lavoratori o singoli cittadini. Attiva da oltre cinquant'anni, la manifestazione ha contribuito a far emergere un nuovo personaggio tipico, la Curiosa, che guarda interessata la scena ma non si avvicina.

venerdì 12 dicembre 2014

Il presepe in Italia

Il presepe luminoso sulla collina di Manarola nelle Cinque Terre

Dicembre, tempo di Avvento, tempo di presepe.

Abbiamo già parlato della nascita del presepe (vdr.http://peanutsfromitaly.blogspot.it/2013/12/il-presepe.html ), oggi parliamo dei diversi presepi italiani.

Anche in Italia il presepe si differenzia, nelle varie regioni, per ovvi motivi culturali. Per lo più, quando si parla dei presepi italiani non si effettua una vera e propria distinzione dal punto di vista culturale: in Italia i diversi presepi si differenziano piuttosto per i diversi prodotti e materiali utilizzati per ricreare la scena della nascita del bambino Gesù. Possiamo ricordare a tal proposito il presepe genovese che si realizza con pastori in legno, il presepe pugliese che utilizza la carta pesta per realizzare il prodotto finito, il presepe siciliano realizzato con l'aggiunta di prodotti tipici siciliani come rami d'arancio e di mandarino e sul quale si utilizzano diversi materiali come corallo, madreperla ed alabastro, tutti prodotti tipici della Sicilia. Per le figure in legno è inoltre da ricordare il presepe di Villar Focchiardo in Valle di Susa, costituito da 270 figure in legno a grandezza naturale, esposte nei cortili e nelle vie del paese dall'8 dicembre al 5 gennaio.

Nei prossimi giorni vi illustreremo alcune tipologie di presepi italiani.

domenica 7 dicembre 2014

La prima della Scala



Come tradizione, il 7 dicembre, Sant'Ambrogio, ha luogo l'apertura della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano.

Quest'anno l'opera rappresentata è il Fidelio diretto da Daniel Barenboim. 

Se desiderate seguire in diretta la prima della Scala, cliccate qui sotto dalle ore 17,30 (ora italiana):

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/dirette/PublishingBlock-5d691044-de91-4942-8c9c-4b9bda4b8b79.html?channel=Rai%205

Il Teatro alla Scala di Milano (citato spesso semplicemente come la Scala) è uno dei teatri più famosi al mondo: da oltre duecento anni ospita artisti internazionalmente riconosciuti ed è stato committente di opere tuttora presenti nei cartelloni dei teatri lirici di tutto il mondo. È situato nell'omonima piazza, affiancato dal Casino Ricordi, oggi sede del Museo teatrale alla Scala.

Il teatro prende nome dalla Chiesa di Santa Maria alla Scala, a sua volta così intitolata in onore della committente Regina della Scala. La chiesa fu demolita alla fine del XVIII secolo per far posto al teatro (“Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala”), inaugurato il 3 agosto 1778 con L'Europa riconosciuta, dramma per musica composto per l'occasione da Antonio Salieri.

Fidelio (Op. 72b) è un Singspiel in due atti di Ludwig van Beethoven su libretto di Joseph Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke.

La prima rappresentazione fu data il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien (Vienna) diretta da Ignaz von Seyfried.

Fidelio è l'unico lavoro teatrale realizzato dal maestro di Bonn. Venne composto dall'autore al culmine della propria esperienza e maturità artistica e rivela nella sua originalità tutto lo stile tipico del genio creativo beethoveniano. Nel 1804 il compositore rimase affascinato da Léonore di Jean-Nicolas Bouilly. Tuttavia la prima versione del Singspiel, presentata il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien con il titolo Fidelio, oder die eheliche Liebe (Op. 72) (Fidelio o l’amor coniugale), non incontrò il favore del pubblico tanto che Beethoven fu costretto a ritirare l'opera. Gran parte dell'insuccesso fu dovuto, quasi sicuramente, all'eccessiva lunghezza del lavoro (tre atti). Un notevole peso dovette avere anche il momento storico molto travagliato per Vienna, che proprio in quei giorni era stata invasa dall'esercito napoleonico, creando un clima di generale paura per la città e i suoi abitanti (quasi tutti gli spettatori erano costituiti da militari francesi). Non si può, infatti, tacere sul peso anche politico del Fidelio, il cui tema della lotta contro la tirannia e dell'affermazione della libertà e della giustizia, estremamente caro a Beethoven al di là della contingenza storica, poteva trovare diretta giustificazione nella situazione in cui si trovava la città austriaca.

Nonostante le aspre critiche di chi accusava Beethoven di non sapere scrivere per le voci, di trattarle indistintamente come strumenti e di essere poco avvezzo al genere teatrale, egli arrangiò, avvalendosi di un libretto revisionato dall'amico Stephan von Breuning, una nuova versione in due soli atti del lavoro, ripresentata l'anno successivo (26 marzo 1806) con il titolo Leonore (Op. 72a) (Leonore o il trionfo dell’amor coniugale), ma con non migliori esiti, tanto da costringerlo a ritirarlo nuovamente. Solo otto anni dopo (1814), dietro richiesta del Theater am Kärntnertor, Beethoven tornò ancora una volta su Fidelio avvalendosi della collaborazione del giovane Treitschke, che corresse il libretto migliorandolo dal punto di vista teatrale. La versione definitiva andò in scena in quello stesso anno con successo il 23 maggio con Johann Michael Vogl come Don Pizarro.

Il segno più evidente del lungo travaglio compositivo è costituito dalle quattro ouverture scritte da Beethoven per il Singspiel: due nel 1804, una nel 1805 e un'ultima (quella definitiva) nel 1814.

venerdì 5 dicembre 2014

Motor Show di Bologna

Esibizione al Motor Show di Bologna


Inizia oggi, per terminare il 14 dicembre la 39° edizione del Motor Show di Bologna.

Il Motor Show è una manifestazione fieristica internazionale (riconosciuta dall'OICA) che si tiene presso i saloni della fiera di Bologna dal 1976 durante la prima decade di dicembre ed è un salone dell'auto e della moto unico nel suo genere: alla parte espositiva si unisce un'anima motorsport espressa dalla realizzazione di un vero e proprio circuito in miniatura.

Fu ideato e realizzato per la prima volta nel 1976 dal bolognese Mario Zodiaco, che intendeva proporre una alternativa ai soliti Saloni, come quello di Torino e di Ginevra, poco interessanti per i giovani e per il pubblico femminile. Zodiaco fondò una società con Sandro Munari e Giacomo Agostini per la gestione del Motor Show e la sua promozione. Dopo l'edizione del 1980 vendette tutti i diritti a Alfredo Cazzola, che, tramite la sua società, la Promotor, ne ha curato la realizzazione fino all'edizione del 2006. Nel 2007 la Promotor, che tuttora organizza il Motor Show, è stata venduta al gruppo francese GI Events.

La durata della manifestazione è di poco più di una settimana e sono solitamente presenti, con propri spazi espositivi, le maggiori case automobilistiche e motociclistiche mondiali.

Al Motor Show prendono parte anche moltissimi artisti e grandi personaggi delle 2 e delle 4 ruote. La manifestazione infatti è conosciuta, oltre che per la presentazione dei modelli più recenti di autovetture e dei prototipi di produzione futura, anche per la presenza, nell'area esterna ai padiglioni, di circuiti artificiali su cui vengono organizzate competizioni e show automobilistiche e motociclistiche di livello internazionale che rappresentano quasi tutte le discipline sportive legate al mondo dell'automobile, dalla Formula 1 al Rally. Tra il 1988 e il 1996 ospitò il Trofeo Indoor di Formula 1.

Per essere informati sull'edizione 2014: http://www.motorshow.it/

lunedì 1 dicembre 2014

Porana

Chiesa di S. Crispino a Porana


Porana è nell'elenco dei borghi più belli d'Italia.

Nel cuore dell´Oltrepò pavese, a pochi chilometri da Voghera, perduta in mezzo alla tranquillità delle campagne, quasi improvvisa sorge Porana: la Chiesa di San Crispino, parte di un complesso architettonico che comprende, oltre all´edificio sacro, anche la bellissima Villa Meroni con l´annesso parco e giardino all´italiana, l´asilo, che purtroppo è da tempo in decadenza, la grande aia e le cascine sparse qua e là. 

Secondo un’ipotesi il nome è formato da Po ( si trova a qualche chilometro di distanza dal fiume Po) e rana, termine onomatopeico che deriva dal gotico ran ed indica lo scorrere delle acque. Una seconda teoria farebbe invece riferimento alla scarsità di rane presenti sul territorio in contrapposizione al confinante comune di Lungavilla, anticamente noto come Calcababbio, in cui invece erano particolarmente abbondanti i rospi (in dialetto “babi”).

Porana è immersa nella campagna oltrepadana. Tra le colture tipiche della zona spiccano il peperone, la cipolla e la patata. Solo pochi chilometri ed il paesaggio pianeggiante cede il passo ai dolci pendii collinari: dai vigneti che li ricoprono si ricavano i rinomati vini dell’Oltrepò Pavese.

All'inizio del XIX secolo il territorio del soppresso comune di Porana fu unito a Pizzale. 

Porana ebbe una storia molto diversa dal suo attuale capoluogo: apparteneva alla pieve di Casteggio, nella diocesi di Piacenza (mentre Pizzale era nella pieve di Voghera, diocesi di Tortona), e fu un antichissimo possesso della chiesa di Pavia cui sarebbe stato donato dal vescovo Crispino (la parrocchia è infatti dedicata a San Crispino). Come comune era noto già nel XIII secolo, ed era dotato di un castello, distrutto per ordine di Castellino Beccaria, signore di Voghera, durante le lotte con i Visconti (cui probabilmente Porana era rimasta fedele).

Link: http://www.porana.it/
Distanza: 58 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 66 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

mercoledì 26 novembre 2014

18° edizione della Colletta Alimentare




Riportiamo dal sito collettaalimentare.it:


"Sabato 29 novembre 2014 si terrà in tutta Italia la diciottesima edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare (GNCA). Più di 135.000 volontari della Fondazione Banco Alimentare Onlus, in oltre 11.000 supermercati, inviteranno a donare alimenti a lunga conservazione che verranno distribuiti a 8.898 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.) che aiutano oltre 1.950.000 persone povere.

Un italiano su dieci soffre di povertà alimentare, in soli sette anni la povertà assoluta è quasi triplicata...

«Vi invito a fare posto nel vostro cuore a questa urgenza, rispettando questo diritto dato da Dio a tutti di poter avere accesso ad una alimentazione adeguata. Condividiamo quel che abbiamo nella carità cristiana con chi è costretto ad affrontare numerosi ostacoli per soddisfare un bisogno così primario. Invito tutti noi a smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulle vite di chi la fame la soffre sulla propria pelle».

Papa Francesco, 9 dicembre 2013

In Italia 6.000.000 di persone soffrono la povertà. Di fronte a questo oceano di bisogno che neppure la società più perfetta può risolvere, chiunque avverte un senso di impotenza, ma anche l’urgenza di mettere a disposizione qualcosa di sé per aiutare chi ha bisogno.
Per questo ti invitiamo a vivere con noi la Colletta Alimentare, un piccolo gesto offerto come esempio per tutti. Nella speranza che condividendo il bisogno del cibo ognuno possa imparare l’unico atteggiamento veramente concreto nei confronti degli altri: l’attenzione e l’amore alla persona così come è."

Per informazioni: http://www.collettaalimentare.it/

venerdì 21 novembre 2014

Derby di Milano



Il derby di Milano è la stracittadina calcistica che riguarda la città di Milano e che mette di fronte il Milan e l'Inter. Colloquialmente è detto anche derby della Madonnina, poiché la statua della Madonna Assunta posta in cima al Duomo di Milano rappresenta il simbolo architettonico identificativo del capoluogo lombardo.

Quello di domenica 23 novembre sarà il derby numero 213; la storia consegna, seppur di poco, il primato cittadino all'Inter, che ha vinto 76 stracittadine. Il Milan si ferma a 74, mentre i pareggi sono stati 62.

A livello di palmarès si tratta di uno dei match di maggior prestigio nel panorama europeo e dei più prestigiosi in quello mondiale. Le due squadre contendenti sono, infatti, le uniche formazioni europee di una stessa città ad aver vinto la Coppa Campioni. Le due squadre hanno anche vinto il titolo mondiale (quattro volte il Milan e tre l'Inter) cosa che accomuna la città meneghina con Madrid dove anche l'Atletico, pur non avendo mai vinto la Coppa dei Campioni, si è laureato campione del mondo, partecipando alla Coppa Intercontinentale in seguito alla rinuncia del Bayern Monaco.

Il primo derby in assoluto fu un'amichevole disputata il 18 ottobre 1908 a Chiasso e terminata con la vittoria per 2-1 dei rossoneri. Curiosamente, a questa sfida disputata fuori dai confini italiani ne seguirono altre tre: il 29 giugno 1969, amichevole a New York conclusasi con la vittoria del Milan sull'Inter per 6-4; il 26 luglio 2009 un'altra amichevole, questa volta a Foxborough, terminata 2-0 in favore dei nerazzurri; il 6 agosto 2011 invece, Milan e Inter s'incontrarono a Pechino per l'assegnazione della Supercoppa italiana, e a prevalere furono i rossoneri per 2-1.

La stracittadina con più marcature è stata quella del 6 novembre 1949, valevole per il campionato, conclusasi sul punteggio di 6-5 per l’Inter. Lo scarto maggiore tra le due squadre è quello registrato nel derby di Serie A dell'11 maggio 2001, terminato 6-0 in favore dei rossoneri; in Coppa Italia è ancora il Milan a vantare la più larga vittoria, col 5-0 dell'8 gennaio 1998.

Il gol più veloce nella storia del derby di Milano è stata messa a segno il 24 febbraio 1963 (1-1) dal nerazzurro Sandro Mazzola, dopo 13 secondi di gioco; il "velocista" rossonero è invece José Altafini, a rete dopo 25 secondi il 26 marzo 1961, in Inter-Milan 1-2. Sempre Altafini è l’unico giocatore ad aver segnato una quaterna: accadde il 27 marzo 1960, nel 5-3 appannaggio del Milan.

Come finirà il prossimo derby? Ancora poche ore e lo sapremo!

martedì 18 novembre 2014

L'Italia divisa tra Carolingi, Bizantini e Arabi (774-1002)


L'llustrazione, databile al XIV secolo, tratta da Chroniques de France ou de Saint Denis , raffigura Carlo Magno nell'atto di ricevere la corona imperiale da Papa Leone III il 25 dicembre dell'anno 800. Carlo Magno (742-814), figlio di Pipino il Breve re dei franchi. Riuscì a unificare il regno dei franchi poi, dopo avere ripudiato la sua sposa Ermengarda, figlia di Desiderio re dei longobardi, Carlo Magno cominciò la conquista dell'Italia longobarda nel 773-774. Iniziò sanguinose campagne contro i sassoni che portarono alla loro forzata cristianizzazione (804). Sottomise bavari e avari, combatté i mori di Spagna e diventò signore di quasi tutta l'Europa occidentale: fu così incoronato imperatore nel giorno di Natale dell'800. Tutto ciò segnò la restaurazione dell'idea imperiale in occidente e la nascita del Sacro Romano Impero.
Ente fornitore dell`immagine: Olycom S.p.A. 


Dopo la definitiva sconfitta dei Longobardi, il papa riacquistò una piena autonomia, garantita da Carlo stesso, mentre a sud, nella Langobardia Minor, sopravvisse in piena indipendenza il longobardo Ducato di Benevento, presto elevato al rango di principato. Nel 781 Carlo affidò l'Italia, sotto la sua tutela, al figlio Pipino. Il giovane sovrano avviò varie campagne di espansione verso nord, ma morì nell'810. Il Papato, ormai distaccato dall'Impero d'Oriente, decise di incoronare Carlo Magno, suo benefattore, «Imperatore dei Romani» (800), considerando vacante il trono di Costantinopoli perché retto da una donna, Irene. Nacque così l'Impero carolingio.

Nello stesso periodo vari domini dell'Impero bizantino iniziarono ad acquisire sempre maggiore autonomia: Venezia, la Sardegna e i ducati campani si emanciparono man mano da Bisanzio, eleggendo governatori locali e senza svolte violente. Nel IX secolo gli Arabi iniziarono a sferrare varie incursioni nel Mediterraneo occidentale, conquistando gradualmente (tra 827 e 902) la Sicilia e attaccando più volte i territori bizantini nell'Italia meridionale. Tuttavia, sotto la dinastia macedone (867-1056), il catapanato bizantino riuscì a recuperare terreno in Puglia, Basilicata e Calabria, raggiungendo il massimo della sua potenza sotto il governo di Basilio Boianne. Per quanto riguarda il regno d'Italia all'interno dell'Impero carolingio, il titolo di re d'Italia venne detenuto inizialmente dai sacri romani imperatori (Lotario I, Ludovico II, Carlo il Calvo, Carlo il Grosso), ma con la dissoluzione dell'Impero (887) i territori del Regnum Italiae finirono in una sorta di anarchia feudale: tra l'888 e il 924 il titolo di re, al quale tuttavia non corrispondevano reali poteri, fu conteso fra numerosi feudatari locali, sia di origine italiana sia provenienti da regioni limitrofe: Berengario del Friuli, Guido II di Spoleto, Lamberto II di Spoleto, Arnolfo di Carinzia, Ludovico il Cieco e Rodolfo II di Borgogna. Anche il papato fu coinvolto in queste lotte, mostrando spesso un atteggiamento poco coerente.

Un momento di maggior solidità del Regnum si ebbe con il governo di Ugo di Provenza (926-946), il quale, per risolvere il problema della successione, associò subito al trono suo figlio Lotario II. Questi però scomparve già nel 950, per cui gli successe il marchese d'Ivrea Berengario II, che, temendo intrighi, fece perseguire la vedova di Lotario II, Adelaide. Ella allora si rivolse all'imperatore tedesco Ottone I, chiedendogli di intervenire contro l'"usurpatore" Berengario. Ottone colse il pretesto e scese in Italia, dove sconfisse Berengario, entrò nella capitale Pavia, sposò Adelaide e si cinse della corona italiana nel 951, legandola a quella di Germania. Ottone I ristabilì la supremazia sul Papa, la cui elezione per essere valida doveva ricevere la ratifica imperiale, e tentò di strappare l'Italia meridionale ai Bizantini, riuscendo solo ad ottenere un matrimonio tra suo figlio e la principessa bizantina Teofano. Il successore Ottone II non riuscì a controllare l'elezione papale e perì di malaria dopo aver subito una sconfitta contro gli Arabi in Calabria. Gli succedette Ottone III che, per restaurare l'Impero, pose la sede imperiale a Roma ma, a causa dell'opposizione della nobiltà romana, fu da essa scacciato. Perì nel 1002.

29 CONTINUA.

giovedì 13 novembre 2014

Vittorio De Sica

Vittorio De Sica e Sophia Loren



Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano De Sica (Sora, 7 luglio 1901 – Neuilly-sur-Seine, 13 novembre 1974) è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano.

Una delle figure preminenti del cinema italiano e mondiale, è stato inoltre attore di teatro e documentarista. È considerato uno dei padri del Neorealismo e, allo stesso tempo, uno dei più grandi registi ed interpreti della Commedia all'italiana.

Nacque il 7 luglio 1901 a Sora, un toponimo dagli inizi dell'Ottocento in provincia di Terra di Lavoro (dal 1927 annesso alla neo-provincia di Frosinone), in via Cittadella, nel rione omonimo, da Umberto De Sica, un impiegato cagliaritano di origini campane, e da Teresa Manfredi, una casalinga napoletana. 

Nella chiesa di San Giovanni Battista, posta proprio di fronte alla casa di famiglia, ricevette il battesimo con i nomi di Vittorio, Domenico, Stanislao, Gaetano, Sorano: l'ultimo nome è quello del presunto dio eponimo della città di Sora. Il padre Umberto, impiegato nella sede locale della Banca d'Italia, collaborò con lo pseudonimo di Caside per un mensile locale, La voce del Liri, pubblicato dal 1909 al 1915. Vittorio aveva con il padre un rapporto molto bello e forte, e a lui dedicherà il suo film Umberto D. Come Vittorio ebbe a dire, la sua famiglia viveva in "tragica e aristocratica povertà". In seguito, nel 1914, si trasferì con i familiari a Napoli e ancora, dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, a Firenze. Vittorio, ad appena 15 anni, cominciò ad esibirsi come attore dilettante in piccoli spettacoli organizzati per i militari ricoverati negli ospedali. In seguito avvenne il definitivo trasferimento a Roma.

De Sica compì il suo esordio dietro la macchina da presa nel 1939 sotto l'egida di un potente produttore dell'epoca, Giuseppe Amato, che lo fece debuttare nella commedia Rose scarlatte. Fino al 1942 la sua produzione da regista non si discosta molto dalle commedie misurate e garbate simili a quelle di Mario Camerini: ricordiamo Maddalena... zero in condotta (1940) con Carla Del Poggio e Irasema Dilian, e Teresa Venerdì (1941) con Adriana Benetti e Anna Magnani. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano (tratto dal romanzo Pricò di Giulio Cesare Viola) iniziò, insieme a Zavattini ad esplorare le tematiche neorealiste.

Dopo un film a sfondo religioso realizzato nella Città del Vaticano durante l'occupazione della capitale, La porta del cielo (1944), il regista firma, uno dietro l'altro, quattro grandi capolavori del cinema mondiale: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), ricavato dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini, Miracolo a Milano (1951), tratto dal romanzo Totò il buono dello stesso Zavattini e Umberto D. (1952), pietre miliari del neorealismo cinematografico italiano. I primi due ottengono l'Oscar come miglior film straniero e il Nastro d'argento per la migliore regia. Nonostante ciò, alla presentazione di Sciuscià in un cinema milanese, il regista venne accusato da uno spettatore presente in sala di rendere una cattiva immagine dell'Italia.

Dopo questa irripetibile quadrilogia, De Sica firmò altre opere molto importanti: L'oro di Napoli (1954) tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, Il tetto (1955) che è considerato il suo passo d'addio al neorealismo, quindi l'acclamato La ciociara, del 1960, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che vanta una vibrante interpretazione di Sophia Loren, la quale vinse tutti i premi possibili: Nastro d'argento, David di Donatello, Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice. Con la Loren lavorò anche in seguito, nel celebre episodio La riffa inserito nel film collettivo Boccaccio '70 (1962), quindi in coppia con Marcello Mastroianni in Ieri, oggi e domani (1963), tre indimenticabili ritratti di donna (la popolana, la snob e la mondana) e terzo suo Oscar, Matrimonio all'italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, e I girasoli (1970).

Nel 1972 ottenne un quarto Premio Oscar con la trasposizione filmica del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini, storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo; quest'opera ottiene anche l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1971. L'ultimo film da lui diretto è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello, Il viaggio (1974), interpretato ancora da Sophia Loren, accanto a Richard Burton.


domenica 9 novembre 2014

25° anniversario della caduta del muro di Berlino

Il muro di palloncini bianchi a Berlino in ricordo di quello abbattuto nel 1989


Oggi in tutto il mondo, Italia compresa, si ricorda il 25° anniversario della caduta del muro che divideva la Berlino dell'Ovest da quella dell'Est.

Per chi ha vissuto in prima persona quelle ore, quelle giornate, i ricordi e le emozioni sono ancora vivi e vegeti e lo rimarranno per tutta la vita.

Per i più giovani che nel 1989 non erano ancora nati, vogliamo ricordare quelle giornate attraverso un video che mostra come i tre telegiornali RAI diedero agli italiani la notizia della caduta del muro.

Buona visione!


venerdì 7 novembre 2014

Gigi Riva

La spettacolare rovesciata di Riva contro il Vicenza, nella stagione 69/70

Oggi è il compleanno di Gigi Riva.

Luigi Riva, detto Gigi (Leggiuno, 7 novembre 1944), è stato campione italiano nel 1970 con la maglia del Cagliari, campione europeo nel 1968 e vice-campione del mondo nel 1970 con la Nazionale italiana di cui detiene il record di marcature con 35 gol (tutti in gare ufficiali).

Unanimemente considerato uno dei migliori giocatori italiani di ogni epoca, occupa la 74ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo stilata dalla rivista World Soccer. Gianni Brera lo soprannominò "Rombo di Tuono".

Dopo essere stato presidente del Cagliari per pochi mesi nel 1986-1987, ha ricoperto il ruolo di team manager della Nazionale italiana dal 1990 al 2013.

Attaccante puro, mancino naturale, giocava col numero 11 partendo dalla posizione di ala sinistra accentrandosi. Ricoprì anche il ruolo di centravanti.

L'esordio in Nazionale avvenne il 27 giugno 1965, a 20 anni, in occasione dell'amichevole Ungheria-Italia (2-1) disputata a Budapest: fu il primo giocatore del Cagliari a vestire la maglia azzurra. All'ottavo minuto del primo tempo sostituì Pascutti, infortunato. Realizzò il suo primo gol con la maglia azzurra alla quarta partita in Nazionale, a Cosenza nel corso dell'incontro Italia-Cipro (5-0).

Per la spedizione in Inghilterra in occasione del Campionato mondiale di calcio 1966 il C.T. Edmondo Fabbri non ritenne di inserire Riva nella lista dei 22 convocati, ma lo fece partecipare comunque alla trasferta, insieme a Mario Bertini, in qualità di "aggregato".

In marzo 1967, durante l'incontro Italia-Portogallo, in un duro contrasto di gioco subì la frattura del perone. Ripresosi dall'infortunio, cominciò il suo periodo migliore con la maglia della Nazionale, ovvero il quadriennio 1967-1970 in cui segnò 22 gol in 21 partite e stabilì un record segnando in sei partite consecutive (3 a Cipro, 2 alla Svizzera, poi un altro agli elvetici, uno alla Jugoslavia, uno al Galles e due al Messico). Divenne campione d'Europa nel 1968, torneo in cui giocò solo la finale di ripetizione (la prima partita era finita 1-1 dopo i supplementari), segnando il gol del vantaggio azzurro dopo 12 minuti di gioco (la partita terminò 2-0). Si presentò al Mondiale 1970 in Messico con lo score di 19 gol in 16 partite in Nazionale. Nelle tre gare del primo turno non è accreditato di alcun gol, sebbene durante la partita Italia-Israele fosse in realtà riuscito a segnare due reti valide inspiegabilmente annullate su segnalazione di un guardalinee. Si riprese segnando due gol nei quarti di finale ed uno nella leggendaria semifinale. Nella finale persa contro il Brasile non andò a segno.

Nel 1973 diventò il miglior marcatore della storia della Nazionale. Il 31 marzo segnò una "quaterna" al Lussemburgo, il 9 giugno eguagliò le 33 reti di Giuseppe Meazza per poi superarle il 29 settembre a Milano durante Italia-Svezia (2-0) ed incrementare il record il 20 ottobre con un'altra marcatura. Il 21 gennaio 2012 Riva ha superato Meazza anche nel record di permanenza solitaria da bomber azzurro (38 anni, 3 mesi, 23 giorni), con le sue 35 reti in 42 partite.

Venne convocato per il Mondiale 1974 in Germania, dove disputò la sua ultima partita in azzurro, Italia-Argentina (1-1) il 19 giugno 1974.

Con 35 reti segnate in 42 partite disputate con la maglia azzurra, Riva ha avuto la straordinaria media realizzativa di 0,83.

Auguri Gigi!

martedì 4 novembre 2014

I Longobardi, il Ducato romano e i Bizantini (568-774)



Nel 568 l'Italia settentrionale venne invasa dai Longobardi, una tribù germanica stanziata in Pannonia, ma che abbandonò la terra sotto la pressione degli Avari. In pochi anni i Longobardi sottomisero tutto il nord Italia (tranne le zone costiere del Veneto e della Liguria), la Toscana e buona parte del centro-sud (che costituì i ducati semi-indipendenti di Spoleto e Benevento). I Longobardi erano ariani e nei primi tempi esercitarono un brutale diritto di conquista sui Romanici sottomessi, apportando devastazioni non inferiori a quelle della guerra gotica. La penisola era frazionata in due zone di influenza: longobarda (regno longobardo suddiviso in Langobardia Maior e Langobardia Minor) e bizantina (esarcato d'Italia, costituito intorno al 584), con il Ducato romano formalmente in mano bizantina ma governato con una certa autonomia (comunque non totale) dal Papa. Le tre capitali dell'Italia longobarda erano Milano, Pavia e Lucca.

I primi due re, Alboino (? -572) e Clefi (572-574) morirono assassinati. Seguirono dieci anni di anarchia, con il regno longobardo senza un re e frammentato in 35 ducati indipendenti fra loro. Tentò di approfittarne l'Imperatore bizantino Maurizio, alleato con i Franchi. I Longobardi tuttavia, vista la minaccia dei Franchi, decisero di porre fine all'anarchia eleggendo re Autari (584-590), che riuscì a respingere le incursioni franche. I successori di Autari, Agilulfo (590-616) e Rotari (636-652), espansero ulteriormente il regno strappando ai Bizantini l'Emilia, la Liguria e il Veneto interno. In breve dovettero cercare anch'essi una forma di dominio più organizzata: arrivarono le leggi scritte (Editto di Rotari, 643), dei funzionari regi con compiti di giustizia e supervisione (gastaldi), e, nel 603, l'inizio della conversione al cattolicesimo per opera della regina Teodolinda dopo che un primo tentativo di conversione per opera del papa Gregorio Magno non aveva avuto successo.

Nel frattempo i papi entrarono in contrasto con Bisanzio per la questione del monotelismo, una formula teologica compromissoria ideata dagli Imperatori per accontentare sia i cattolici che i monofisiti. Con un editto del 648 (Typos) Costante II impose il monotelismo e fece deportare il papa Martino I in quanto questi non l'accettava. Nel 680, per opera dell'Imperatore Costantino IV, il monotelismo venne condannato come eresia e i rapporti tra pontefici e imperatori migliorarono. Nel 726, tuttavia, iniziò l'iconoclastia, la lotta alle immagini, da parte dell'imperatore Leone III. Di fronte all'opposizione del papa, Leone ordinò il suo assassinio ma il crimine fallì per l'opposizione delle truppe fedeli al Papa che si rivoltarono. Intanto il re longobardo Liutprando (713-744), approfittando dei dissensi tra Bisanzio e la Chiesa Romana, fece nuove conquiste che furono aumentate dal suo successore Astolfo (749-756) che allontanò i Bizantini da Ravenna (751) e si accinse ad unificare l'Italia conquistando il Lazio. Ma papa Stefano II (752-757) chiamò in suo soccorso il re dei Franchi Pipino il Breve, che sconfisse Astolfo e donò le terre di Ravenna (l'esarcato) al papa. Nacque così lo Stato della Chiesa e il potere temporale dei Papi, che venne legittimato tramite la falsa Donazione di Costantino. Nel 771 papa Stefano III invocò l'intervento del nuovo re dei Franchi, Carlo Magno, contro Desiderio. La guerra tra Franchi e Longobardi si concluse nel 774 con la vittoria di Carlo, che assunse il titolo di Rex Francorum et Langobardorum ("Re dei Franchi e dei Longobardi") e unificò la Langobardia Maior al suo Regno dei Franchi.

28 CONTINUA.

venerdì 31 ottobre 2014

Eduardo De Filippo

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Eduardo De Filippo

Eduardo De Filippo, noto semplicemente come Eduardo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984), è stato un drammaturgo, attore teatrale, attore cinematografico, regista teatrale, regista cinematografico, sceneggiatore e poeta italiano. Fra i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento, è stato autore di numerosi drammi teatrali da lui stesso messi in scena e interpretati e, in seguito, tradotti e rappresentati da altri anche all'estero. Per i suoi alti meriti artistici e i contributi alla cultura, fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Fu anche candidato per il premio Nobel per la letteratura.

Figlio naturale dell'attore e commediografo Eduardo Scarpetta e della sarta teatrale Luisa De Filippo, Eduardo e i suoi fratelli furono riconosciuti come figli dalla madre di cui assunsero il cognome De Filippo. Eduardo Scarpetta, sposato il 16 marzo 1876 con Rosa De Filippo, da cui ebbe tre figli: Domenico, Maria e Vincenzo, ebbe una relazione extra-coniugale con Luisa De Filippo (figlia di Luca, fratello di Rosa De Filippo) da cui nacquero Titina, Peppino e Eduardo.

Eduardo nasce a Napoli nel quartiere Chiaia, (secondo alcuni in via dell'Ascensione n. 3, per altri in via Giovanni Bausan n. 15). A soli quattro anni è condotto per la prima volta su un palcoscenico, portato in braccio da un attore della compagnia di Scarpetta, Gennaro Della Rossa, in occasione di una rappresentazione dell'operetta La Geisha, al Teatro Valle di Roma.

Cresce nell'ambiente teatrale napoletano insieme ai fratelli Titina, la maggiore, che aveva già agli inizi degli anni '10 un suo posto nella compagnia di Vincenzo Scarpetta (uno dei figli legittimi di Scarpetta) e Peppino, il più piccolo.

Nel teatro italiano, la lezione di Eduardo resta imprescindibile non solo per quanto concerne la contemporanea drammaturgia napoletana (Annibale Ruccello ed Enzo Moscato) e tutta quella fascia di "spettacolarità" tra cinema-teatro-televisione che ha riconosciuto in Massimo Troisi il proprio campione; ma tracce dell'influenza di Eduardo si riconoscono anche in Dario Fo ed in tutta una serie di giovani "attautori" come Ascanio Celestini (soprattutto in merito al linguaggio) o di personalità sconosciute al grande pubblico che lavorano nell'ambito della "ricerca" (si ricordi ad esempio Gaetano Ventriglia).

mercoledì 29 ottobre 2014

Castelponzone

Castelponzone


Castelponzone è una frazione del comune italiano di Scandolara Ravara. E' inserito nell'elenco dei borghi più belli d'Italia.

Si hanno testimonianze di Castelponzone solo agli inizi del secolo XV che grazie alla sua Rocca era considerato come punto fondamentale di forza e rifugio per la casata dei Ponzoni, signori di Cremona e fedeli castellani dei duchi di Milano, durante le lotte contro i Cavalcabò. Il duca di Milano Filippo Maria l'Anglo Visconti, Francesco e Galeazzo Sforza, tra gli altri, riconobbero a Giovan Galeazzo Ponzone più volte e in particolare col Diploma 8 ottobre 1416, il possesso del Feudo e quindi il diritto di esercitare la giustizia civile e penale, di riscuotere le tasse e dazi e imporre calmieri. In questo modo si costituì il feudo di Castelponzone che racchiudeva Scandolara Ravara, San Martino del Lago, San Lorenzo Aroldo, Cà de' Soresini, San Faustino, Cornale, Caruberto, Casaletto di Sotto, Villa de' Talamazzi.

Castelponzone era il centro commerciale e sociale del feudo oltre ad essere il luogo in cui si amministrava la giustizia ed erano presenti le prigioni.

Nel gennaio 1648 nella fase conclusiva della Guerra dei Trent'anni i francesi assediarono la località, incendiando la Rocca che era tenuta dai soldati spagnoli. Nel 1659 venne ricostruita ma a metà del 700 distrutta per effettuare studi di tipo archeologico.

Il 6 maggio 1697 morì il Conte Pietro Martire Ponzone senza lasciare figli eredi. Con egli si estinse quindi la successione maschile dei Ponzoni ma il borgo rimase in famiglia in quanto la Contessa Beatrice Ponzone, nipote del suddetto Conte Pietro Martire Ponzone, lo acquistò. La Contessa sposò in seguito il Marchese Giovan Francesco Ala di Cremona e iniziò così il casato della famiglia dei Marchesi Ala Conte Ponzone.

L'influenza e il potere della famiglia dei Ponzoni si mantenne fino al 2 maggio del 1842, giorno della morte dell'ultimo discendente, il marchese Giuseppe Sigismondo Ala Conte Pietro Martire Ponzone.

A seguito dell'Unità d'Italia i possedimenti dei Ponzoni vennero frazionati fra diversi acquirenti.

Castelponzone costituì un comune autonomo fino al 28 settembre 1934; in tale data venne aggregato al comune di Scandolara Ravara con regio Decreto 28 settembre 1934 N. 1732.

Il nome di Castelponzone deriva dalla denominazione storica del borgo. Veniva infatti chiamato "Il Castelletto" in quanto sorgeva una fortificazione signorile attorno alla quale si sviluppò la località, nella piena campagna, a pochi chilometri a nord del Po. "Ponzone" deriva dal nome della famiglia che governava su Cremona e il suo territorio, spesso nominata anche come famiglia "Ponzona".

La Rocca fu per molto tempo il centro del borgo e ragione di sviluppo dello stesso. Era circondata da un fossato e rappresentava punto fondamentale di rifugio e protezione. Nel gennaio 1648 venne assediata e distrutta durante l'invasione francese e ricostruita successivamente nel 1659, come testimoniano notizie di una lapide posta all'ingresso della Rocca. Subito dopo la metà del XIX secolo (1860) però venne abbattuta in modo definitivo dal Sig. Carlo Bettarini per lo studio degli elementi costruttivi, perdendo così numerosi monumenti e testimonianze. Nel 1866 venne chiuso anche il fossato che circondava la Rocca.

Si tratta di un lavoro artigianale relativo alla realizzazione di corde e funi che un tempo coinvolgeva tutte le famiglie. Ormai è scomparso e se ne rilevano poche realtà. Nei campi la coltura della canapa, necessaria per la produzione delle corde dopo un complesso procedimento, aumentò sempre di più favorendo lo sviluppo di quest'arte che rappresentò per secoli la principale attività del borgo. Da ricordare è il tipico gergo utilizzato dai cordai del quale rimangono poche parole conosciute dai figli e non più tramandate.

Prodotti e piatti tipici

  • Tortelli di zucca con sugo rosso ai funghi chiodini
  • Marubini con crema di lambrusco
  • Salame del borgo (lavorazione tipica in cui si usano tutte le parti del suino, con la giusta proporzione tra quelle magre e quelle grasse)

Link: http://www.unionemunicipia.it/index.php
Distanza: 123 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 110 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

lunedì 27 ottobre 2014

Enrico Mattei




Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962) è stato un imprenditore, politico e dirigente pubblico italiano.

Nell'immediato dopoguerra fu incaricato dallo Stato di smantellare l'Agip, creata nel 1926 dal regime fascista; ma invece di seguire le istruzioni del Governo, riorganizzò l'azienda fondando nel 1953 l'ENI, di cui l'Agip divenne la struttura portante. Mattei diede un nuovo impulso alle perforazioni petrolifere nella Pianura Padana, avviò la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, e aprì all'energia nucleare.

Sotto la sua presidenza l'ENI negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e un importante accordo commerciale con l'Unione Sovietica (grazie all'intermediazione di Luigi Longo, suo amico durante la guerra partigiana e più tardi segretario del Partito Comunista Italiano). Queste iniziative contribuirono a rompere l'oligopolio delle 'Sette sorelle', che allora dominavano l'industria petrolifera mondiale. Mattei introdusse inoltre il principio per il quale i Paesi proprietari delle riserve dovevano ricevere il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti. Pur non essendo attivamente impegnato in politica, era vicino alla sinistra democristiana e fu parlamentare dal 1948 al 1953.

Per la sua attività Mattei nel 1961 fu insignito della laurea in ingegneria ad honorem dalla Facoltà di Ingegneria (ora Politecnico) dell'Università degli Studi di Bari. Fu insignito anche di altre lauree honoris causa, della croce di cavaliere del lavoro e della Bronze Star Medal dell'Esercito statunitense (5 maggio 1945), nonché della Cittadinanza onoraria del comune di Cortemaggiore e post mortem, l'11 aprile 2013 la Cittadinanza onoraria del comune di Ferrandina (MT), dove nel 1958 l'Agip Mineraria fece alcuni studi e trovò il metano nella Valle del Basento.

Morì nel 1962, in un misterioso incidente aereo le cui cause rimasero oscure per moltissimi anni. In seguito a nuove evidenze, nel 2005 fu stabilita la natura dolosa dell'incidente; vennero infatti ritrovati segni di esposizione a esplosione su parti del relitto, sull'anello e sull'orologio di Mattei. Vennero poi alla luce testimonianze, all'epoca quasi ignorate, di persone che avevano visto esplodere in volo l'aereo, come se vi fosse una bomba a bordo, mentre schegge metalliche e tracce di esplosivo, in particolare tritolo, furono rinvenute, dopo la riesumazione del 1995, sul corpo di Mattei e delle altre due vittime ma anche in un pezzo dell'aereo conservato intatto da un dipendente ENI. Queste prove tendono a far considerare l'incidente come un omicidio premeditato, con alta probabilità, attuato mediante il posizionamento di una carica esplosiva nell'abitacolo, collegata al carrello o alle luci di atterraggio.

Avendo la nuova indagine giudiziaria iniziata nel 1997 e conclusa nel 2005 dimostrato che si trattò di un attentato, sono stati avanzati numerosi moventi e sospetti tra i più reputati "operatori" del settore che avrebbero potuto trarre vantaggio dalla morte di Mattei.

In primo luogo ci sono le cosiddette sette sorelle del petrolio: l'unico concorrente in grado di metterle in difficoltà le aveva costrette a rivedere tutti gli accordi, compresi quelli già correnti, dopo il suo ingresso in questo terribile mercato. Le perdite (in realtà, i minori introiti) ascrivibili a Mattei superavano il bilancio medio di uno Stato medio, e per molto meno si fanno anche guerre. La tradizionale vicinanza delle sette sorelle con il governo degli Stati Uniti, non consente di escludere che organizzazioni come la CIA possano aver giocato un loro ruolo.

La CIA, impegnata in una fase cruciale della guerra fredda, esattamente nei giorni in cui si chiudeva la crisi dei missili di Cuba, avrebbe avuto quindi anche altre buone ragioni per eliminare Mattei, che con la Russia aveva allestito una linea commerciale (rompendo l'embargo politico): oltre a dare un monito a chi avesse inteso fare affari con Mosca, avrebbe potuto inviare con l'attentato un'espressiva ingiunzione anche alla stessa capitale sovietica, impegnata nel braccio di ferro missilistico, disturbandola nel suo approvvigionamento finanziario-energetico. E per altro verso, come a posteriori dichiarerà il generale De Paolis amico di Mattei, si intravedono diretti avvertimenti in alcuni interventi politico-giornalistici di poco precedenti, divulgati dalla stampa statunitense, con i quali si rimproverava all'Italia di esser venuta meno a impegni di lealtà derivanti dall'Alleanza Atlantica, dal diktat e addirittura dall'armistizio di Badoglio.

Su altri versanti, dalla Francia l'OAS aveva buoni motivi per frapporsi all'evoluzione politica algerina cui tanto Mattei andava contribuendo. Intanto la morte di Mattei impedì, come si è detto, il perfezionamento di un importante accordo. Inoltre venne meno una voce che ispirava alla popolazione come ai notabili locali la frattura con Parigi, facendo loro intravedere spiragli di beneficio derivabili dall'eventuale gestione diretta delle risorse petrolifere, al momento condizionate, se non proprio governate, dalla Francia.

Occorre notare che a più riprese sono state formulate ipotesi riguardanti anche eventuali moventi interni, italiani, autoctoni. Nel 1962 Mattei non era solo l'ago della bilancia del potere italiano, era proprio il potere; era il titolare monarchico di uno Stato interno allo Stato, che quantunque agente per conto dello Stato (e non si ha motivo di dubitare che davvero intimamente e sinceramente così fosse), era antitetico allo Stato in quanto lo controllava (solleticandolo nell'attitudine alla corruttela) e lo surrogava (sollevandolo dall'onus di attribuirsi un indirizzo economico, programmatico e di relazioni estere).

A ogni modo, chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile che l'esecuzione sia stata affidata a esperti locali, e che la casalinga mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano numerosi.

sabato 25 ottobre 2014

Primo Carnera



Primo Carnera è stato un pugile, lottatore e attore italiano. Fu campione mondiale dei pesi massimi dal 29 giugno 1933 al 14 giugno 1934. È noto per antonomasia come uomo di notevole statura e di eccezionale forza fisica.

Primo Carnera nacque a Sequals, un paesino all'epoca in provincia di Udine, il 25 ottobre del 1906. La sua famiglia era molto povera e sopravviveva solo grazie al lavoro del padre, un mosaicista emigrato in Germania.

Il piccolo Carnera ebbe uno sviluppo molto sostenuto e spiccava tra i suoi coetanei, più bassi e minuti. Nel 1915 il padre fu chiamato a combattere la Prima guerra mondiale e dovette quindi abbandonare il lavoro, facendo gravare il carico familiare sulle spalle della moglie. La madre cercò allora un impiego, ma fu presto costretta a vendere la fede nuziale per sopravvivere. Carnera fu così costretto ad abbandonare la scuola e a mendicare insieme ai suoi fratelli. Nel frattempo il suo rapido sviluppo continuava al punto che, a dodici anni, mostrava già la statura di un adulto ed era sempre più difficile per lui trovare vestiti e scarpe della sua misura.

Ancora adolescente, spinto dalla fame e dalla povertà, emigrò in Francia dagli zii, trovando inizialmente un'occupazione come carpentiere. Tale attività necessitava di maggiore energia ma gli garantì un maggior corrispondente in viveri. Gli zii lo introdussero anche nel mondo del pugilato, organizzandogli un incontro con un principiante, ma Carnera non era ancora pronto al grande passo. Il suo fisico, intanto, diventava sempre più quello di un vero e proprio "carnera": alto e nerboruto.

Era alto effettivamente 205 centimetri per 125 chili. Non potevano mancare i così soprannominati piedi da violino, lunghi 32 cm, che calzavano il 52 (anche se in base alla lunghezza, è più probabile che corrispondessero ad un 50 di scarpe). Riuscì ad adattare i vestiti, ma per quanto riguarda le scarpe non poteva che camminare scalzo. Nel 1925, un circo fece tappa proprio dove lui risiedeva, vicino a Le Mans. Un giorno, durante uno degli incontri di lotta di questo circo al quale stava assistendo, il responsabile notò il suo fisico imponente che destava sgomento e lo ingaggiò.

Un giorno il circo fece tappa ad Arcachon. Qui, tra la folla che assisteva alle lotte di Carnera, c'era anche Paul Journée. L'ex campione francese dei pesi massimi osservò attentamente le abilità acquisite dall'eccezionale lottatore. Vide in lui le potenziali capacità di un pugile, che solo allenandosi avrebbe potuto valorizzare le proprie doti. Per Carnera però abbandonare il circo avrebbe significato un ritorno alla povertà, e quindi inizialmente preferì lasciar cadere la proposta.

Solo in seguito trovò una soluzione: si sarebbe sostentato riprendendo il suo primo mestiere, e nel frattempo si sarebbe allenato nella palestra di Journée. Grazie ad una certa caparbietà, e agli insegnamenti dell'ex campione, presto raggiunse buoni livelli. Journée insistette nel farlo vedere al manager Léon See, che rimase allibito dall'imponente stazza.

See lo mise alla prova con il campione Julyo Poojeshe e gli fece scattare qualche foto per i giornalisti. Successivamente, per abituarlo, lo fece combattere con un peso massimo, che il friulano mise al tappeto. Dispiaciuto di averlo fatto svenire, però, si scusò. Carnera era buono ed ingenuo, al contrario del suo manager, che si arrabbiò con lui per il suo gesto. Gli raccomandava di mangiare una bistecca da un chilo al giorno e di togliersi le scarpe del circo.

Dopo aver collezionato 70 vittorie per ko, tornò a fare il lottatore. Stavolta, non come fenomeno da baraccone, ma come wrestler. Già nel 1941 Jack Curley gli aveva proposto questa alternativa, ma allora aveva rifiutato.

Successivamente iniziò a dedicarsi al cinema, anche perché le sue condizioni di salute erano peggiorate. Carnera si ammalò di cirrosi epatica e quando comprese che gli restava poco da vivere fece ritorno in Italia.

Nel maggio del 1967 tornò a Sequals, a godersi i suoi affetti. Il "Gigante Buono" morì nel 34º anniversario dalla conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, cioè il 29 giugno 1967. Le sue qualità, la sua forza, la sua vita sono rimaste per sempre impresse nel mondo della boxe, della storia e hanno fatto di lui un mito internazionale.

Carnera è stato sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Sequals.

lunedì 20 ottobre 2014

Odoacre, Goti e Bizantini (476-568)



Deposto Romolo Augusto, Odoacre governò l'Italia per 17 anni come rex gentium – una formula del tutto nuova – teoricamente alle dipendenze di Zenone, imperatore d'Oriente. Si servì del personale amministrativo romano, lasciando libertà di culto ai cristiani e combatté con successo i Vandali strappando loro la Sicilia. Ma nel 489 Zenone allontanò gli Ostrogoti dal basso Danubio inviandoli in Italia affinché rovesciassero Odoacre e conquistassero l'Italia. 

Dopo cinque anni di guerra, il re goto Teodorico riuscì ad uccidere Odoacre e a impadronirsi del trono. Teodorico, che aveva vissuto a lungo a Bisanzio, garantì pace e prosperità all'Italia, affidando le magistrature civili ai Romani e l'esercito ai Goti; l'autorità dei magistrati romani era però limitata da funzionari goti detti comites. Nonostante fosse ariano, si mostrò tollerante con i Cattolici, anche se negli ultimi anni di regno reagì alla decisione dell'Imperatore Giustino di bandire dall'Impero l'arianesimo lanciando una serie di persecuzioni che ebbero tra le sue vittime il filosofo Severino Boezio, condannato a morte. Gli succedette Atalarico (526-534).

Nel 535 il nuovo e ambizioso imperatore d'Oriente Giustiniano (527-565) prese di mira la penisola nel suo tentativo di ricomporre l'unità dell'impero romano. Da lì iniziò la lunga guerra gotica, che si protrasse per oltre vent'anni, portando ulteriori devastazioni dopo le invasioni barbariche. Durante questa guerra i Bizantini, alla testa dei generali Belisario e Narsete, conquistarono la Dalmazia e l'Italia, nonostante la strenua resistenza del re goto Totila (541-552). L'Italia dopo la guerra era devastata: Roma dopo quattro assedi consecutivi era ridotta a non più di 30.000 abitanti e la situazione già grave fu peggiorata da una pestilenza. La Prammatica Sanzione promulgata da Giustiniano nel 554 (che tra le altre cose prometteva fondi per la ricostruzione) non riuscì a far tornare l'Italia una terra prospera e soli quattordici anni dopo una nuova invasione di un popolo germanico toccò l'Italia intera: i Longobardi.

27 CONTINUA.

giovedì 16 ottobre 2014

Giovanni Paolo II



Papa Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005) è stato il 264º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica.

Fu eletto papa il 16 ottobre 1978. In seguito alla causa di beatificazione, il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato dal suo immediato successore Benedetto XVI e verrà festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre; nella storia della Chiesa, non capitava da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore. Il 27 aprile 2014 è stato proclamato santo da papa Francesco insieme a papa Giovanni XXIII.

Primo papa non italiano dopo 455 anni, cioè dai tempi di Adriano VI (1522 – 1523), è stato inoltre il primo pontefice polacco, e slavo in genere, della storia. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo).

Giovanni Paolo II intraprese sin dal principio del suo pontificato una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l'oppressione politica, ed è considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi del socialismo reale, già controllati dall'ex Unione Sovietica. Combatté la Teologia della liberazione, intervenendo ripetutamente in occasione di avvicinamenti di alcuni esponenti del clero verso soggetti politici dell'area marxista. Stigmatizzò inoltre il capitalismo sfrenato e il consumismo, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale, causa d'ingiustificata sperequazione fra i popoli e lesivi della dignità dell'uomo. Nel campo della morale, si oppose fermamente all'aborto e all'eutanasia, e confermò l'approccio tradizionale della Chiesa sulla sessualità umana, sul celibato dei preti, sul sacerdozio femminile.

I suoi 104 viaggi in tutto il mondo videro la partecipazione di enormi folle (tra le più grandi mai riunite per eventi a carattere religioso). Con questi viaggi apostolici, Giovanni Paolo II coprì una distanza molto maggiore di quella coperta da tutti gli altri papi messi assieme. Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù) fu da molti interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell'ecumenismo, che era stato uno dei punti fermi del suo papato.

Fu detto "l'atleta di Dio"per le sue varie passioni sportive: praticò sci, nuoto, canottaggio, calcio e fu amante della montagna, continuando a praticare sport finché la salute glielo permise.