venerdì 31 ottobre 2014

Eduardo De Filippo

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Eduardo De Filippo

Eduardo De Filippo, noto semplicemente come Eduardo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984), è stato un drammaturgo, attore teatrale, attore cinematografico, regista teatrale, regista cinematografico, sceneggiatore e poeta italiano. Fra i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento, è stato autore di numerosi drammi teatrali da lui stesso messi in scena e interpretati e, in seguito, tradotti e rappresentati da altri anche all'estero. Per i suoi alti meriti artistici e i contributi alla cultura, fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Fu anche candidato per il premio Nobel per la letteratura.

Figlio naturale dell'attore e commediografo Eduardo Scarpetta e della sarta teatrale Luisa De Filippo, Eduardo e i suoi fratelli furono riconosciuti come figli dalla madre di cui assunsero il cognome De Filippo. Eduardo Scarpetta, sposato il 16 marzo 1876 con Rosa De Filippo, da cui ebbe tre figli: Domenico, Maria e Vincenzo, ebbe una relazione extra-coniugale con Luisa De Filippo (figlia di Luca, fratello di Rosa De Filippo) da cui nacquero Titina, Peppino e Eduardo.

Eduardo nasce a Napoli nel quartiere Chiaia, (secondo alcuni in via dell'Ascensione n. 3, per altri in via Giovanni Bausan n. 15). A soli quattro anni è condotto per la prima volta su un palcoscenico, portato in braccio da un attore della compagnia di Scarpetta, Gennaro Della Rossa, in occasione di una rappresentazione dell'operetta La Geisha, al Teatro Valle di Roma.

Cresce nell'ambiente teatrale napoletano insieme ai fratelli Titina, la maggiore, che aveva già agli inizi degli anni '10 un suo posto nella compagnia di Vincenzo Scarpetta (uno dei figli legittimi di Scarpetta) e Peppino, il più piccolo.

Nel teatro italiano, la lezione di Eduardo resta imprescindibile non solo per quanto concerne la contemporanea drammaturgia napoletana (Annibale Ruccello ed Enzo Moscato) e tutta quella fascia di "spettacolarità" tra cinema-teatro-televisione che ha riconosciuto in Massimo Troisi il proprio campione; ma tracce dell'influenza di Eduardo si riconoscono anche in Dario Fo ed in tutta una serie di giovani "attautori" come Ascanio Celestini (soprattutto in merito al linguaggio) o di personalità sconosciute al grande pubblico che lavorano nell'ambito della "ricerca" (si ricordi ad esempio Gaetano Ventriglia).

mercoledì 29 ottobre 2014

Castelponzone

Castelponzone


Castelponzone è una frazione del comune italiano di Scandolara Ravara. E' inserito nell'elenco dei borghi più belli d'Italia.

Si hanno testimonianze di Castelponzone solo agli inizi del secolo XV che grazie alla sua Rocca era considerato come punto fondamentale di forza e rifugio per la casata dei Ponzoni, signori di Cremona e fedeli castellani dei duchi di Milano, durante le lotte contro i Cavalcabò. Il duca di Milano Filippo Maria l'Anglo Visconti, Francesco e Galeazzo Sforza, tra gli altri, riconobbero a Giovan Galeazzo Ponzone più volte e in particolare col Diploma 8 ottobre 1416, il possesso del Feudo e quindi il diritto di esercitare la giustizia civile e penale, di riscuotere le tasse e dazi e imporre calmieri. In questo modo si costituì il feudo di Castelponzone che racchiudeva Scandolara Ravara, San Martino del Lago, San Lorenzo Aroldo, Cà de' Soresini, San Faustino, Cornale, Caruberto, Casaletto di Sotto, Villa de' Talamazzi.

Castelponzone era il centro commerciale e sociale del feudo oltre ad essere il luogo in cui si amministrava la giustizia ed erano presenti le prigioni.

Nel gennaio 1648 nella fase conclusiva della Guerra dei Trent'anni i francesi assediarono la località, incendiando la Rocca che era tenuta dai soldati spagnoli. Nel 1659 venne ricostruita ma a metà del 700 distrutta per effettuare studi di tipo archeologico.

Il 6 maggio 1697 morì il Conte Pietro Martire Ponzone senza lasciare figli eredi. Con egli si estinse quindi la successione maschile dei Ponzoni ma il borgo rimase in famiglia in quanto la Contessa Beatrice Ponzone, nipote del suddetto Conte Pietro Martire Ponzone, lo acquistò. La Contessa sposò in seguito il Marchese Giovan Francesco Ala di Cremona e iniziò così il casato della famiglia dei Marchesi Ala Conte Ponzone.

L'influenza e il potere della famiglia dei Ponzoni si mantenne fino al 2 maggio del 1842, giorno della morte dell'ultimo discendente, il marchese Giuseppe Sigismondo Ala Conte Pietro Martire Ponzone.

A seguito dell'Unità d'Italia i possedimenti dei Ponzoni vennero frazionati fra diversi acquirenti.

Castelponzone costituì un comune autonomo fino al 28 settembre 1934; in tale data venne aggregato al comune di Scandolara Ravara con regio Decreto 28 settembre 1934 N. 1732.

Il nome di Castelponzone deriva dalla denominazione storica del borgo. Veniva infatti chiamato "Il Castelletto" in quanto sorgeva una fortificazione signorile attorno alla quale si sviluppò la località, nella piena campagna, a pochi chilometri a nord del Po. "Ponzone" deriva dal nome della famiglia che governava su Cremona e il suo territorio, spesso nominata anche come famiglia "Ponzona".

La Rocca fu per molto tempo il centro del borgo e ragione di sviluppo dello stesso. Era circondata da un fossato e rappresentava punto fondamentale di rifugio e protezione. Nel gennaio 1648 venne assediata e distrutta durante l'invasione francese e ricostruita successivamente nel 1659, come testimoniano notizie di una lapide posta all'ingresso della Rocca. Subito dopo la metà del XIX secolo (1860) però venne abbattuta in modo definitivo dal Sig. Carlo Bettarini per lo studio degli elementi costruttivi, perdendo così numerosi monumenti e testimonianze. Nel 1866 venne chiuso anche il fossato che circondava la Rocca.

Si tratta di un lavoro artigianale relativo alla realizzazione di corde e funi che un tempo coinvolgeva tutte le famiglie. Ormai è scomparso e se ne rilevano poche realtà. Nei campi la coltura della canapa, necessaria per la produzione delle corde dopo un complesso procedimento, aumentò sempre di più favorendo lo sviluppo di quest'arte che rappresentò per secoli la principale attività del borgo. Da ricordare è il tipico gergo utilizzato dai cordai del quale rimangono poche parole conosciute dai figli e non più tramandate.

Prodotti e piatti tipici

  • Tortelli di zucca con sugo rosso ai funghi chiodini
  • Marubini con crema di lambrusco
  • Salame del borgo (lavorazione tipica in cui si usano tutte le parti del suino, con la giusta proporzione tra quelle magre e quelle grasse)

Link: http://www.unionemunicipia.it/index.php
Distanza: 123 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 110 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

lunedì 27 ottobre 2014

Enrico Mattei




Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962) è stato un imprenditore, politico e dirigente pubblico italiano.

Nell'immediato dopoguerra fu incaricato dallo Stato di smantellare l'Agip, creata nel 1926 dal regime fascista; ma invece di seguire le istruzioni del Governo, riorganizzò l'azienda fondando nel 1953 l'ENI, di cui l'Agip divenne la struttura portante. Mattei diede un nuovo impulso alle perforazioni petrolifere nella Pianura Padana, avviò la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, e aprì all'energia nucleare.

Sotto la sua presidenza l'ENI negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e un importante accordo commerciale con l'Unione Sovietica (grazie all'intermediazione di Luigi Longo, suo amico durante la guerra partigiana e più tardi segretario del Partito Comunista Italiano). Queste iniziative contribuirono a rompere l'oligopolio delle 'Sette sorelle', che allora dominavano l'industria petrolifera mondiale. Mattei introdusse inoltre il principio per il quale i Paesi proprietari delle riserve dovevano ricevere il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti. Pur non essendo attivamente impegnato in politica, era vicino alla sinistra democristiana e fu parlamentare dal 1948 al 1953.

Per la sua attività Mattei nel 1961 fu insignito della laurea in ingegneria ad honorem dalla Facoltà di Ingegneria (ora Politecnico) dell'Università degli Studi di Bari. Fu insignito anche di altre lauree honoris causa, della croce di cavaliere del lavoro e della Bronze Star Medal dell'Esercito statunitense (5 maggio 1945), nonché della Cittadinanza onoraria del comune di Cortemaggiore e post mortem, l'11 aprile 2013 la Cittadinanza onoraria del comune di Ferrandina (MT), dove nel 1958 l'Agip Mineraria fece alcuni studi e trovò il metano nella Valle del Basento.

Morì nel 1962, in un misterioso incidente aereo le cui cause rimasero oscure per moltissimi anni. In seguito a nuove evidenze, nel 2005 fu stabilita la natura dolosa dell'incidente; vennero infatti ritrovati segni di esposizione a esplosione su parti del relitto, sull'anello e sull'orologio di Mattei. Vennero poi alla luce testimonianze, all'epoca quasi ignorate, di persone che avevano visto esplodere in volo l'aereo, come se vi fosse una bomba a bordo, mentre schegge metalliche e tracce di esplosivo, in particolare tritolo, furono rinvenute, dopo la riesumazione del 1995, sul corpo di Mattei e delle altre due vittime ma anche in un pezzo dell'aereo conservato intatto da un dipendente ENI. Queste prove tendono a far considerare l'incidente come un omicidio premeditato, con alta probabilità, attuato mediante il posizionamento di una carica esplosiva nell'abitacolo, collegata al carrello o alle luci di atterraggio.

Avendo la nuova indagine giudiziaria iniziata nel 1997 e conclusa nel 2005 dimostrato che si trattò di un attentato, sono stati avanzati numerosi moventi e sospetti tra i più reputati "operatori" del settore che avrebbero potuto trarre vantaggio dalla morte di Mattei.

In primo luogo ci sono le cosiddette sette sorelle del petrolio: l'unico concorrente in grado di metterle in difficoltà le aveva costrette a rivedere tutti gli accordi, compresi quelli già correnti, dopo il suo ingresso in questo terribile mercato. Le perdite (in realtà, i minori introiti) ascrivibili a Mattei superavano il bilancio medio di uno Stato medio, e per molto meno si fanno anche guerre. La tradizionale vicinanza delle sette sorelle con il governo degli Stati Uniti, non consente di escludere che organizzazioni come la CIA possano aver giocato un loro ruolo.

La CIA, impegnata in una fase cruciale della guerra fredda, esattamente nei giorni in cui si chiudeva la crisi dei missili di Cuba, avrebbe avuto quindi anche altre buone ragioni per eliminare Mattei, che con la Russia aveva allestito una linea commerciale (rompendo l'embargo politico): oltre a dare un monito a chi avesse inteso fare affari con Mosca, avrebbe potuto inviare con l'attentato un'espressiva ingiunzione anche alla stessa capitale sovietica, impegnata nel braccio di ferro missilistico, disturbandola nel suo approvvigionamento finanziario-energetico. E per altro verso, come a posteriori dichiarerà il generale De Paolis amico di Mattei, si intravedono diretti avvertimenti in alcuni interventi politico-giornalistici di poco precedenti, divulgati dalla stampa statunitense, con i quali si rimproverava all'Italia di esser venuta meno a impegni di lealtà derivanti dall'Alleanza Atlantica, dal diktat e addirittura dall'armistizio di Badoglio.

Su altri versanti, dalla Francia l'OAS aveva buoni motivi per frapporsi all'evoluzione politica algerina cui tanto Mattei andava contribuendo. Intanto la morte di Mattei impedì, come si è detto, il perfezionamento di un importante accordo. Inoltre venne meno una voce che ispirava alla popolazione come ai notabili locali la frattura con Parigi, facendo loro intravedere spiragli di beneficio derivabili dall'eventuale gestione diretta delle risorse petrolifere, al momento condizionate, se non proprio governate, dalla Francia.

Occorre notare che a più riprese sono state formulate ipotesi riguardanti anche eventuali moventi interni, italiani, autoctoni. Nel 1962 Mattei non era solo l'ago della bilancia del potere italiano, era proprio il potere; era il titolare monarchico di uno Stato interno allo Stato, che quantunque agente per conto dello Stato (e non si ha motivo di dubitare che davvero intimamente e sinceramente così fosse), era antitetico allo Stato in quanto lo controllava (solleticandolo nell'attitudine alla corruttela) e lo surrogava (sollevandolo dall'onus di attribuirsi un indirizzo economico, programmatico e di relazioni estere).

A ogni modo, chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile che l'esecuzione sia stata affidata a esperti locali, e che la casalinga mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano numerosi.

sabato 25 ottobre 2014

Primo Carnera



Primo Carnera è stato un pugile, lottatore e attore italiano. Fu campione mondiale dei pesi massimi dal 29 giugno 1933 al 14 giugno 1934. È noto per antonomasia come uomo di notevole statura e di eccezionale forza fisica.

Primo Carnera nacque a Sequals, un paesino all'epoca in provincia di Udine, il 25 ottobre del 1906. La sua famiglia era molto povera e sopravviveva solo grazie al lavoro del padre, un mosaicista emigrato in Germania.

Il piccolo Carnera ebbe uno sviluppo molto sostenuto e spiccava tra i suoi coetanei, più bassi e minuti. Nel 1915 il padre fu chiamato a combattere la Prima guerra mondiale e dovette quindi abbandonare il lavoro, facendo gravare il carico familiare sulle spalle della moglie. La madre cercò allora un impiego, ma fu presto costretta a vendere la fede nuziale per sopravvivere. Carnera fu così costretto ad abbandonare la scuola e a mendicare insieme ai suoi fratelli. Nel frattempo il suo rapido sviluppo continuava al punto che, a dodici anni, mostrava già la statura di un adulto ed era sempre più difficile per lui trovare vestiti e scarpe della sua misura.

Ancora adolescente, spinto dalla fame e dalla povertà, emigrò in Francia dagli zii, trovando inizialmente un'occupazione come carpentiere. Tale attività necessitava di maggiore energia ma gli garantì un maggior corrispondente in viveri. Gli zii lo introdussero anche nel mondo del pugilato, organizzandogli un incontro con un principiante, ma Carnera non era ancora pronto al grande passo. Il suo fisico, intanto, diventava sempre più quello di un vero e proprio "carnera": alto e nerboruto.

Era alto effettivamente 205 centimetri per 125 chili. Non potevano mancare i così soprannominati piedi da violino, lunghi 32 cm, che calzavano il 52 (anche se in base alla lunghezza, è più probabile che corrispondessero ad un 50 di scarpe). Riuscì ad adattare i vestiti, ma per quanto riguarda le scarpe non poteva che camminare scalzo. Nel 1925, un circo fece tappa proprio dove lui risiedeva, vicino a Le Mans. Un giorno, durante uno degli incontri di lotta di questo circo al quale stava assistendo, il responsabile notò il suo fisico imponente che destava sgomento e lo ingaggiò.

Un giorno il circo fece tappa ad Arcachon. Qui, tra la folla che assisteva alle lotte di Carnera, c'era anche Paul Journée. L'ex campione francese dei pesi massimi osservò attentamente le abilità acquisite dall'eccezionale lottatore. Vide in lui le potenziali capacità di un pugile, che solo allenandosi avrebbe potuto valorizzare le proprie doti. Per Carnera però abbandonare il circo avrebbe significato un ritorno alla povertà, e quindi inizialmente preferì lasciar cadere la proposta.

Solo in seguito trovò una soluzione: si sarebbe sostentato riprendendo il suo primo mestiere, e nel frattempo si sarebbe allenato nella palestra di Journée. Grazie ad una certa caparbietà, e agli insegnamenti dell'ex campione, presto raggiunse buoni livelli. Journée insistette nel farlo vedere al manager Léon See, che rimase allibito dall'imponente stazza.

See lo mise alla prova con il campione Julyo Poojeshe e gli fece scattare qualche foto per i giornalisti. Successivamente, per abituarlo, lo fece combattere con un peso massimo, che il friulano mise al tappeto. Dispiaciuto di averlo fatto svenire, però, si scusò. Carnera era buono ed ingenuo, al contrario del suo manager, che si arrabbiò con lui per il suo gesto. Gli raccomandava di mangiare una bistecca da un chilo al giorno e di togliersi le scarpe del circo.

Dopo aver collezionato 70 vittorie per ko, tornò a fare il lottatore. Stavolta, non come fenomeno da baraccone, ma come wrestler. Già nel 1941 Jack Curley gli aveva proposto questa alternativa, ma allora aveva rifiutato.

Successivamente iniziò a dedicarsi al cinema, anche perché le sue condizioni di salute erano peggiorate. Carnera si ammalò di cirrosi epatica e quando comprese che gli restava poco da vivere fece ritorno in Italia.

Nel maggio del 1967 tornò a Sequals, a godersi i suoi affetti. Il "Gigante Buono" morì nel 34º anniversario dalla conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, cioè il 29 giugno 1967. Le sue qualità, la sua forza, la sua vita sono rimaste per sempre impresse nel mondo della boxe, della storia e hanno fatto di lui un mito internazionale.

Carnera è stato sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Sequals.

lunedì 20 ottobre 2014

Odoacre, Goti e Bizantini (476-568)



Deposto Romolo Augusto, Odoacre governò l'Italia per 17 anni come rex gentium – una formula del tutto nuova – teoricamente alle dipendenze di Zenone, imperatore d'Oriente. Si servì del personale amministrativo romano, lasciando libertà di culto ai cristiani e combatté con successo i Vandali strappando loro la Sicilia. Ma nel 489 Zenone allontanò gli Ostrogoti dal basso Danubio inviandoli in Italia affinché rovesciassero Odoacre e conquistassero l'Italia. 

Dopo cinque anni di guerra, il re goto Teodorico riuscì ad uccidere Odoacre e a impadronirsi del trono. Teodorico, che aveva vissuto a lungo a Bisanzio, garantì pace e prosperità all'Italia, affidando le magistrature civili ai Romani e l'esercito ai Goti; l'autorità dei magistrati romani era però limitata da funzionari goti detti comites. Nonostante fosse ariano, si mostrò tollerante con i Cattolici, anche se negli ultimi anni di regno reagì alla decisione dell'Imperatore Giustino di bandire dall'Impero l'arianesimo lanciando una serie di persecuzioni che ebbero tra le sue vittime il filosofo Severino Boezio, condannato a morte. Gli succedette Atalarico (526-534).

Nel 535 il nuovo e ambizioso imperatore d'Oriente Giustiniano (527-565) prese di mira la penisola nel suo tentativo di ricomporre l'unità dell'impero romano. Da lì iniziò la lunga guerra gotica, che si protrasse per oltre vent'anni, portando ulteriori devastazioni dopo le invasioni barbariche. Durante questa guerra i Bizantini, alla testa dei generali Belisario e Narsete, conquistarono la Dalmazia e l'Italia, nonostante la strenua resistenza del re goto Totila (541-552). L'Italia dopo la guerra era devastata: Roma dopo quattro assedi consecutivi era ridotta a non più di 30.000 abitanti e la situazione già grave fu peggiorata da una pestilenza. La Prammatica Sanzione promulgata da Giustiniano nel 554 (che tra le altre cose prometteva fondi per la ricostruzione) non riuscì a far tornare l'Italia una terra prospera e soli quattordici anni dopo una nuova invasione di un popolo germanico toccò l'Italia intera: i Longobardi.

27 CONTINUA.

giovedì 16 ottobre 2014

Giovanni Paolo II



Papa Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005) è stato il 264º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica.

Fu eletto papa il 16 ottobre 1978. In seguito alla causa di beatificazione, il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato dal suo immediato successore Benedetto XVI e verrà festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre; nella storia della Chiesa, non capitava da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore. Il 27 aprile 2014 è stato proclamato santo da papa Francesco insieme a papa Giovanni XXIII.

Primo papa non italiano dopo 455 anni, cioè dai tempi di Adriano VI (1522 – 1523), è stato inoltre il primo pontefice polacco, e slavo in genere, della storia. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo).

Giovanni Paolo II intraprese sin dal principio del suo pontificato una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l'oppressione politica, ed è considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi del socialismo reale, già controllati dall'ex Unione Sovietica. Combatté la Teologia della liberazione, intervenendo ripetutamente in occasione di avvicinamenti di alcuni esponenti del clero verso soggetti politici dell'area marxista. Stigmatizzò inoltre il capitalismo sfrenato e il consumismo, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale, causa d'ingiustificata sperequazione fra i popoli e lesivi della dignità dell'uomo. Nel campo della morale, si oppose fermamente all'aborto e all'eutanasia, e confermò l'approccio tradizionale della Chiesa sulla sessualità umana, sul celibato dei preti, sul sacerdozio femminile.

I suoi 104 viaggi in tutto il mondo videro la partecipazione di enormi folle (tra le più grandi mai riunite per eventi a carattere religioso). Con questi viaggi apostolici, Giovanni Paolo II coprì una distanza molto maggiore di quella coperta da tutti gli altri papi messi assieme. Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù) fu da molti interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell'ecumenismo, che era stato uno dei punti fermi del suo papato.

Fu detto "l'atleta di Dio"per le sue varie passioni sportive: praticò sci, nuoto, canottaggio, calcio e fu amante della montagna, continuando a praticare sport finché la salute glielo permise.

mercoledì 15 ottobre 2014

Ugo, the SLA and the soccer t-shirt of Pogba

Friends of Ugo

From Italy today to tell you a true story

I know Ugo for almost thirty years, was my best man and more than four years is suffering from ALS, the now no longer a rare disease known as Amyotrophic Lateral Sclerosis. He lives in his house with his wife Silvia and her two beautiful children, Richard, who attends first grade this year and Letizia of four years that Ugo was born when he was already ill. Each passing day later from his home many friends who do not miss their moral and material support.

A few days ago, on October 4, Ugo has celebrated its first fifty years. An event is not scheduled for the first doctor who diagnosed the disease and who had predicted up to two years of life. To date it's been more than four.

A few weeks before, Silvia has decided to organize a surprise party and contacted all his friends to invite them to this moment. We were more than a hundred around Ugo and his family to celebrate.

For this event so important, I said to myself, it would take a special gift, but what to give to Ugo? After much consideration, at some point the light bulb come on here!

Little background: Ugo is a huge fan of Juventus! When we could still exchanging friendly "insults" football (the writer is deeply Inter) he was extraordinarily attached to the Bianconeri colors that defended "regardless" of any evidence of reality (at least as I saw it). Unfortunately, now that Ugo is intubated and can not use even the most vocal synthesizer, verbal exchanges as they say, faded, but I'm 100% sure that within itself has remained the usual Juventus ultras ...

At this point, I decided to write an email to his team, Juventus. Meet Ugo and the situation that is going through and I ask, if possible, in a knitted gift company with the signing of players to take to Ugo as a birthday gift. I think that would make you happy.

Days pass and arrives on October 4, birthday of Ugo. No reply. No matter, I think, with all the demands that the company will receive from all over the world, maybe the email have not even read. However, we have a wonderful party with Ugo, in an outdoor courtyard in front of his house and also the sun comes out to congratulate him. Just a nice birthday!

Friday, October 10 at twenty plays my house intercom and announces a courier who must deliver a package to my attention. Strange. Do not expect anything, nor from Amazon or from others, and I had not even ordered online shopping. I ask: Who is the sender? Juventus, the answer!

I can not believe! Want to see who sent me the shirt? I run downstairs to pick up the package and open it gently. You never know ... with the "Bianconeri" better to go cautious ... but I changed my mind, inside, with dedicated staff to Ugo, there's the shirt Pogba! This Juventus ... in Zona Cesarini always manages to amaze! 

Who knows what they will think when Ugo wear the shirt?

martedì 14 ottobre 2014

Santuario Maria Santissima di Canneto

Santuario Maria Santissima di Canneto


Il Santuario di Canneto sorge nel territorio di Settefrati a 1030 m s.l.m., in provincia di Frosinone, a circa 10 chilometri di strada carrozzabile dal centro del paese.

A poche centinaia di metri si trova la sorgente del fiume Melfa, affluente del Liri. È meta di un antichissimo pellegrinaggio proveniente dal Lazio, dalla Campania, dall'Abruzzo e dal Molise, particolarmente intenso tra il 20 e il 22 agosto. Appartiene alla diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo.

Secondo una leggenda di cui è difficile stimare la reale antichità - che appare per la prima volta in una lirica del 1869 del poeta settefratese Aniceto Venturini ed è poi documentata dettagliatamente da uno scritto del 1894 del monaco benedettino inglese padre Beda, che da Montecassino si sarebbe messo al seguito di pellegrini di cui aveva udito il canto e giunto a Settefrati avrebbe appreso della leggenda la sera del 20 agosto, ospite dell'anziano parroco Loreto Terenzio - una pastorella di nome Silvana, mentre pascolava le sue pecore vide una Signora splendente che le ordinò di andare subito dall'arciprete di Settefrati per chiedergli di edificare una chiesa dedicata alla Madonna. 

La bambina si mostrò preoccupata per il gregge, soprattutto perché doveva essere portato a bere; la Signora la rassicurò: "All'acqua ci penserò io" e, infilando la mano alla base della roccia, ne fece sgorgare una sorgente freschissima. Silvana, stupita dal miracolo, si affrettò verso il paese per raccontare la storia e a chiedere ai compaesani di andare a vedere il prodigio. I pochi che la seguirono trovarono la sorgente e, invece della Signora, una statua, davanti a cui si misero subito a pregare. Non vedendoli tornare, gli altri paesani, preoccupati, andarono a cercarli, e li trovarono ancora in preghiera. Poiché la statua era molto bella, per non abbandonarla alle intemperie decisero di portarsela in paese, ma appena ebbero imboccato il sentiero si appesantì e man mano che proseguivano pesava sempre di più, finché i portatori, sfiniti dalla fatica, la appoggiarono a una roccia, dove lasciò impressa l'impronta del capo. La roccia con la sua concavità è ancora oggi visibile e il luogo è chiamato "Capo della Madonna", a poche centinaia di metri dal santuario.

L'attuale edificio di culto conserva scarsissime testimonianze delle epoche precedenti. La facciata risale agli anni venti del secolo scorso, e tutto il resto del santuario è stato completamente rifatto negli anni settanta, con una linea architettonica che ha dato luogo a molte polemiche circa l'effetto devastante che l'insieme rappresenta per il paesaggio. Altri interventi (abside e trono marmoreo della Madonna) erano stati effettuati nel secondo dopoguerra. Nel piano sotterraneo del santuario sono conservati pochi elementi architettonici del secolo scorso, tra cui il vecchio portale di ingresso su cui un'iscrizione tramanda la memoria del rifacimento compiuto nel 1857 per la munificenza del re Ferdinando II di Borbone, e una discreta collezione di ex voto.

La Valle di Canneto, fitta di boschi prevalentemente di faggio, nella sua parte più alta è zona di riserva integrale del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Rappresenta una propaggine della Valle di Comino incuneata tra i contrafforti del Massiccio del Meta, e costituisce un percorso naturale dall'area laziale del bacino del Liri verso il bacino del Sangro, in Abruzzo, e, attraverso l'altopiano del Meta, verso il bacino del Volturno in Molise. Questa posizione ottimale come via di transito ha fatto sì che la valle assumesse fin dall'epoca pre-romana un ruolo importante per la confluenza e gli scambi delle popolazioni di ambedue i versanti dell'Appennino: ruolo accentuato dalla presenza di miniere di ferro il cui sfruttamento, iniziato nell'antichità, è proseguito fino alla metà del XIX secolo.


sabato 11 ottobre 2014

Papa Giovanni XXIII e il discorso della luna

Roma, 11 ottobre 1962

Uno dei più celebri discorsi di papa Giovanni - forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa - è quello che ormai si conosce come «Il discorso della luna». L'11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio, piazza San Pietro era gremita di fedeli. Chiamato a gran voce, Roncalli decise di affacciarsi, per limitarsi a benedire i presenti. Poi si convinse a pronunciare, a braccio, un discorso semplice, dolce e poetico, con un richiamo straordinario alla luna, pur tuttavia contenente elementi del tutto innovativi:

« Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera - osservatela in alto - a guardare a questo spettacolo. »

Poi il papa salutò i fedeli della diocesi di Roma (essendone anche il vescovo), e si produsse in un atto di umiltà forse senza precedenti, asserendo tra le altre cose:

« La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio (..)

(...) Facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al cielo, e davanti alla terra: fede, speranza, carità, amore di Dio, amore dei fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del bene. »

E, sulla linea dell'umiltà, impartì un ordine da pontefice con il parlare di un curato:

« Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza. »

venerdì 10 ottobre 2014

L'Impero romano d'Occidente (395 - 476)

La marcia di Alarico su Roma nel 410 


Mentre l'Impero romano d'Oriente riuscì a sopravvivere per un altro millennio, la parte occidentale crollò in poco meno di un secolo. Sono state proposte numerose teorie per spiegare come Roma cadde, non tutte concordi: si ritiene che furono le invasioni barbariche a cagionarne la rovina, anche se il successo dei barbari fu almeno in parte agevolato dai limiti interni dell'Impero (perdita del mos maiorum, separatismo provinciale, l'influsso del cristianesimo sulla combattività dei soldati e sulle discordie interne causate dalla lotta alle eresie, danni provocati dalle riforme di Costantino I ecc.).

Nel corso del V secolo, a partire dal 406, Vandali, Alani, Svevi, Burgundi e Visigoti (spinti dalla migrazione verso occidente degli Unni) sfondarono il limes dell'Impero e dilagarono nelle province galliche e ispaniche, costringendo i Romani a riconoscerli come foederati (cioè alleati dell'Impero che, in cambio del loro sostegno bellico, ottenevano il permesso di stanziarsi in alcune province), che, tuttavia, si svincolarono man mano dall'autorità centrale, andando a costituire dei veri e propri regni romano-barbarici, solo nominalmente facenti parte dell'Impero. Neanche l'Italia era al sicuro dai Barbari: il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico I venne vista dai contemporanei come il segno imminente della fine del mondo. Discordie interne peggiorarono la situazione: il comes d'Africa Bonifacio, nominato nemico pubblico da Galla Placidia, per difendersi invitò i Vandali in Africa, che nel giro di un decennio la strapparono all'Impero (429-439), con il sostegno dei Mauri e della setta eretica dei Donatisti. I Vandali costruirono una flotta e in breve tempo occuparono la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Isole Baleari, riuscendo anche nell'impresa di saccheggiare Roma (455).

In breve, a parte una parte della Gallia e la Dalmazia, l'Impero si era ridotto alla penisola italica. Tuttavia anche là l'influenza dei barbari si fece sentire e minò la già traballante autorità degli Imperatori: nell'ultimo ventennio di vita dell'Impero esso era governato da imperatori fantoccio manovrati da dietro le quinte da generali di origini germaniche (Ricimero (461-472), Gundobaldo (472-474), Flavio Oreste (475-476)), ormai i veri padroni di Roma. L'ultimo di questi generali, Oreste, dopo aver costretto alla fuga l'imperatore Giulio Nepote, che si rifugiò in Dalmazia, dove continuò a regnare fino al 480, pose sul trono il figlio Romolo Augusto. Un anno dopo tuttavia il rifiuto da parte di Oreste di cedere alle truppe mercenarie barbariche un terzo dell'Italia causò la rivolta di quest'ultime, che, capeggiate da Odoacre, deposero l'ultimo imperatore Romolo Augusto, causando la caduta formale dell'Impero. Infatti Odoacre decise di non nominarsi Imperatore romano, ma semplicemente Re d'Italia.

26 CONTINUA. 

giovedì 9 ottobre 2014

Castellaro Lagusello

Castellaro Lagusello

Castellaro Lagusello è una frazione di Monzambano in provincia di Mantova.

Il borgo sorge su una piccola collina affacciata ad un lago a forma di cuore.

Il lago ed il castello, risalente al 1100-1200, danno il nome al piccolo borgo che fa parte dell'associazione de I borghi più belli d'Italia.

Dal 2011 la località Fondo Tacoli di Castellaro Lagusello, essendo uno dei 111 siti archeologici palafitticoli localizzati sulle Alpi e nelle aree contigue, è entrata a far parte dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO all'interno del sito sovranazionale denominato Antichi insediamenti sulle Alpi. 

La costruzione del borgo fortificato si fa risalire all'XI-XII secolo ma è in un documento di Papa Eugenio III del 1145, nel quale si riporta l'elenco delle pievi dipendenti dalla diocesi di Verona, che viene citata per la prima volta la plebem de Castellaro.

Monumenti e luoghi d'interesse:


  • Castello
  • Chiesa di san Nicola di Bari
  • Oratorio di San Giuseppe
  • Riserva naturale Complesso morenico di Castellaro Lagusello


Link: http://www.castellarolagusello.it/
Distanza: 139 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 120 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

lunedì 6 ottobre 2014

I 90 anni della Radio italiana




Primo regolare annuncio dell'URI:

« URI (Unione Radiofonica Italiana). 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d'onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana per il servizio delle radioaudizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto "Opera 7", I e II tempo. »

Il programma, della durata di un'ora e mezza, previde la trasmissione di musica operistica, da camera e da concerto, con un bollettino meteorologico e notizie di borsa. In effetti l'esordio della radio in Italia avvenne quasi in sordina.

L'URI è l'antesignana dell'odierna RAI - Radiotelevisione Italiana.

L'URI nasce a Torino il 27 agosto 1924 in conseguenza del regio decreto n. 1067 dell'8 febbraio 1923 che affidava allo Stato l'esclusiva sulle radioaudizioni circolari da esercitare tramite società concessionaria. In conseguenza del regio decreto erano sorte infatti in Italia varie società con l'obiettivo di ottenere tale concessione. Tra queste vi era la Società italiana radio audizioni circolari (SIRAC) e la Società anonima radiofono - Società italiana per le radiocomunicazioni circolari fondata nel settembre 1923 dalla Marconi Company. Proprio la Radiofono, il 20 marzo 1924, installò a Centocelle una stazione di prova, ma il 25 marzo non riuscì a trasmettere un discorso pronunciato da Benito Mussolini al teatro Costanzi di Roma, forse a causa di interferenze elettriche.

Il 3 giugno 1924 il ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano indirizza una lettera alle società che avevano fatto richiesta per la concessione invitandole a trovare un accordo che viene raggiunto con la nascita dell'URI. Essa viene costituita infatti dalla fusione della Radiofono con la SIRAC mediante la sottoscrizione di un capitale sociale di 1.400.000 lire (85% della Radiofono e 15% della SIRAC). Presidente della società viene nominato Enrico Marchesi, proveniente dalla FIAT, dove aveva ricoperto per parecchi anni l'incarico di direttore amministrativo. Vice presidente viene invece nominato Luigi Solari, persona molto vicina agli interessi di Guglielmo Marconi, che forte dell'invenzione della radio stava cercando di creare un modello che ricalcasse quello adottato in altri paesi.

Il 27 novembre 1924 il governo assegna alla società privata URI la concessione, in esclusiva, del servizio delle radioauzioni circolari per la durata di sei anni (prorogabili per altri quattro), assegnazione che viene sancita dal R.D. 14 ottobre 1924 n. 2191 Concessione dei servizi radioauditivi circolari alla Società Anonima Unione Radiofonica Italiana (U.R.I.) pubblicato in G.U. n. 11 del 15 gennaio 1925 pp. 164-167.

Con tale decreto in particolare viene sancito che l'URI è l'unica emittente radiofonica italiana autorizzata a diffondere notizie di interesse pubblico e il Governo è il solo a concedere il placet per la trasmissione di notizie di agenzie di stampa diverse dall'agenzia La Stefani.

Nel gennaio 1925 nasce Radiorario, rivista settimanale dell'URI che vuole propagandare il nuovo mezzo e conoscere i gusti e le opinioni di un pubblico ancora da formare.

La stazione radiofonica di Roma sarà seguita nel 1925 da un'analoga installazione a Milano e nel 1926 a Napoli.

Il fenomeno delle radioaudizioni, inizialmente ostacolato da costi che sembravano proibitivi per un'Italia assai povera, prese il via solo a partire dagli anni trenta, agevolato anche dalle iniziative del regime che dotò ogni casa del Fascio di un apparato ricevente denominato radio popolare e assunse in seguito il motto "Ogni paese deve avere la sua radio", sostenendo la diffusione di apparecchi economici come la radio Rurale e la radio Balilla.

Nel 1927, per effetto del R.D.L. 17 novembre 1927 n. 2207, l'URI viene trasformata in Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR).

sabato 4 ottobre 2014

San Francesco

Il Santo visto da Giotto


San Francesco è nato ad Assisi il 26 settembre 1182 e lì morì il 3 ottobre 1226.

Diacono e fondatore dell'ordine che da lui poi prese il nome, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Il 4 ottobre ne viene celebrata la memoria liturgica in tutta la Chiesa cattolica (festa in Italia; solennità per la Famiglia francescana). È stato proclamato, assieme a santa Caterina da Siena, patrono principale d'Italia il 18 giugno 1939 da papa Pio XII.

Conosciuto anche come "il poverello d'Assisi", la sua tomba è meta di pellegrinaggio per decine di migliaia di devoti ogni anno. La città di Assisi, a motivo del suo illustre cittadino, è assurta a simbolo di pace, soprattutto dopo aver ospitato i tre grandi incontri tra gli esponenti delle maggiori religioni del mondo, promossi da papa Giovanni Paolo II nel 1986 e nel 2002, e da papa Benedetto XVI nel 2011. Oggi, san Francesco d'Assisi è uno dei santi più popolari e venerati del mondo.

Oltre all'opera spirituale, Francesco, grazie al Cantico delle creature, è riconosciuto come uno degli iniziatori della tradizione letteraria italiana.

Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, eletto papa nel conclave del 2013, ha assunto il nome pontificale di Francesco in onore del santo di Assisi, primo nella storia della chiesa.

San Francesco è stato ed è tutt'oggi uno dei santi più amati dalla gente, specialmente per il suo spirito di umiltà e povertà. Nei luoghi dove ha trascorso la sua vita sono nati dei santuari, i principali dei quali sono:

  • Basilica di San Francesco ad Assisi
  • Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, che contiene la Porziuncola e la Cappella del Transito dove il santo morì, a 44 anni, il 3 ottobre 1226;
  • San Damiano ad Assisi
  • Eremo delle Carceri, presso Assisi
  • Santuario di Rivotorto presso Rivotorto, che contiene il Sacro Tugurio, una prima dimora di San Francesco
  • Chiesa di San Francesco a Gubbio
  • Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Convento della Vittorina, a Gubbio, detta anche Porziuncola Eugubina
  • Chiesa di San Francesco a Ripa, Santuario Francescano di Roma, che contiene la Sacra Cella dove San Francesco dimorava, tra il 1209 e il 1223, durante le sue visite al Papa
  • Santuario di Greccio
  • Santuario della Verna
  • Santuario della Foresta
  • Santuario di Poggio Bustone
  • Santuario di Fonte Colombo
  • Santuario di Bevagna
  • Convento delle Celle
  • Santuario di San Matteo Apostolo a San Marco in Lamis (Foggia)
  • Sacro Ritiro di Bellegra (Rm), noto come "Nido dei Santi", perché qui hanno vissuto, in odore di santità, numerosi frati, rifondato da San Tommaso da Cori, compatrono della città di Roma e di Bellegra.
  • Convento di Montecasale (Sansepolcro)
  • Convento di San Francesco a Folloni (Montella)
  • Il Convento di San Francesco a Folloni a Montella (AV), fondato da San Francesco nel 1222
  • Chiesa di San Francesco ad Alatri, in stile gotico, nella quale viene conservato un mantello che sarebbe stato donato personalmente dal Santo, nel 1222, ai confratelli dello scomparso monastero di Sant'Arcangelo.
  • Monastero di San Francesco a Bobbio (PC), il monastero francescano più antico del nord'Italia, fondato nel 1230 su un terreno che sarebbe stato donato al Santo in visita alla cittadina ed all'antica Abbazia di San Colombano, fra il 1210-12.
  • Chiesa di San Francesco d'Assisi di Enna
  • Convento di San Francesco a Ravello (SA), la fondazione del quale risale al secolo XIII e viene attribuita, da una tradizione sicura, allo stesso san Francesco quando arrivò come pellegrino ad Amalfi sulla tomba dell'Apostolo Andrea.

giovedì 2 ottobre 2014

Sabbioneta

Sabbioneta


Sabbioneta è un comune italiano della provincia di Mantova in Lombardia. È stata dichiarata nel 2008 con Mantova Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. E' inserita nell'elenco dei Borghi più belli d'Italia.

La città fu fondata da Vespasiano Gonzaga Colonna tra il 1554/1556 e il 1591, anno della sua morte, nel luogo in cui sorgevano una rocca e un antico insediamento.

Posta su un terreno alluvionale tra i fiumi Po e Oglio, nonché lungo il tracciato dell'antica via Vitelliana, occupava una posizione strategica nel cuore della Pianura padana. Per Vespasiano Gonzaga, Sabbioneta doveva essere soprattutto una fortezza e la potenza del suo circuito murario la rendevano sicuramente, a quei tempi, uno dei più muniti baluardi della Lombardia di dominio spagnolo.

Sabbioneta fu soprattutto la capitale di un piccolo stato posto tra i grandi stati regionali: il Ducato di Milano ad ovest, retto in quell'epoca dal governatorato spagnolo, il Ducato di Mantova ad est oltre il fiume Oglio, governato dalla linea primigenia dei Gonzaga, cugini di Vespasiano, e il Ducato di Parma e Piacenza a sud del Po, di dominio della casata Farnese, solidale e amica dello stesso Gonzaga. Il territorio del piccolo stato di Sabbioneta era principalmente concentrato alla propaggine orientale della diocesi di Cremona e costituiva un obbligato crocevia sia per i traffici commerciali nel medio corso del Po, sia per le comunicazioni tra la piana bresciana e l'Emilia.

Il periodo più prospero nella storia della città fu negli anni della sua riedificazione, sotto il dominio del principino Vespasiano Gonzaga Colonna, di cui divenne la residenza.

La cittadina, costruita in base ai principi umanistici della città ideale, ospita al suo interno diversi monumenti quali il Palazzo Ducale o Palazzo Grande, residenza ducale e luogo deputato all'amministrazione dello stato, il Teatro all'Antica o Teatro Olimpico (1590) progettato da Vincenzo Scamozzi, primo edificio teatrale dell'epoca moderna costruito appositamente per tale funzione, la Galleria degli Antichi o Corridor Grande, deputata ad ospitare la collezione di marmi antichi nonché i trofei di caccia, il Palazzo Giardino o Casino, luogo consacrato all'otium e pregevolmente riqualificato tra il 1582 e il 1587 da Bernardino Campi e dalla sua équipe di collaboratori, le chiese dell'Assunta, Incoronata, del Carmine, la Sinagoga e lo storico quartiere ebraico, oggi non più abitato da una comunità, con le sue attività di stampa, fondate nel 1567 da Tobias Foa.

Nel territorio sono da segnalare la chiesa di Sant'Antonio Abate nella frazione di Villa Pasquali progettata da Ferdinando Galli da Bibbiena e costruita dal figlio Antonio Galli e il piccolo Santuario della Madonna delle Grazie a Vigoreto anticamente annesso al convento dei Cappuccini.

Da vedere:


  • Chiesa dell'Incoronata, del 1590, che custodisce il mausoleo di Vespasiano Gonzaga.
  • Palazzo Ducale, del 1570, con la Galleria degli Antenati.
  • Chiesa parrocchiale, del 1580.
  • Palazzo del Giardino, del 1580, con sale decorate dalla scuola di Giulio Romano e la Galleria degli Antichi.
  • Chiesa di Santa Maria Assunta.
  • Teatro Olimpico.
  • Cinta muraria.


Distanza: 146 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 120 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )