sabato 27 giugno 2015

Consorzio Tutela Quartirolo Lombardo




Oggi conosciamo il formaggio Quartirolo.

Bianco e gessato, morbido e con un gran buon sapore: questo è il Quartirolo Lombardo dalla forma di parallelepipedo con base quadrata, facce piane e con lo scalzo, cioè la fascia laterale, dritto. Il lato è di circa 20 centimetri e l’altezza dello scalzo va da 4 a 8, con variazioni in più o in meno secondo le tecniche di produzione. La crosta è sottile e morbida, dal colore bianco-rosato nei formaggi di prima stagionatura e rossastra con sfumature grigio-verdi in quelli più maturi. 

Anche la pasta bianca, uniforme e dalla struttura leggermente grumosa e friabile, con il proseguire della stagionatura si modifica e diventa più compatta. Il sapore è molto caratteristico ma delicato: leggermente acidulo e lievemente aromatico nel formaggio più giovane, più intenso e aromatico in quello più a lungo stagionato.

Dal punto di vista gastronomico, il Quartirolo Lombardo è un tipico formaggio da tavola, che viene per lo più gustato da solo o come complemento di insalate e piatti freddi; ma la diffusione e la maggiore fantasia usate attualmente in cucina rispetto ai tempi passati lo hanno fatto assurgere al rango di ingrediente di prim’ordine in varie ricette, dai sughi per le paste ai secondi piatte, dalle torte salate alle mousse. Il riconosciuto carattere di modernità del Quartirolo Lombardo sta proprio in questo: caratteri originali, leggero e adatto a una sana alimentazione, duttilità in cucina.


Per chi volesse approfondire la conoscenza di questo gustoso formaggio:

http://www.quartirolo.com/sito/index.php

martedì 23 giugno 2015

Storia d'Italia: le lotte tra gli Stati italiani (1412-1454)

Antonio del Pollaiolo - Ragazza di profilo - 1470


Nella prima metà del XV secolo si ebbe un lungo periodo di guerre che interessò l'intera penisola e fu segnato dai ripetuti tentativi degli Stati più forti di estendere la propria egemonia, come la città di Firenze che mira ad estendere tutto il proprio dominio su ogni stato Toscano, a parte la Repubblica di Lucca che riuscì a mantenere l'autonomia fino al XIX secolo.

Il regno di Napoli fu scosso da una lunga crisi dinastica iniziata nel 1435 con la morte dell'ultima regina angioina, Giovanna II, e conclusasi solo nel 1442 con la vittoria di Alfonso V d'Aragona, che ebbe la meglio sul rivale Renato d'Angiò. L'avvento della dinastia aragonese dei Trastamara segnò anche la riunificazione de facto dei regni di Napoli e Sicilia e l'avvio di un periodo di stabilità dinastica destinato a durare fino alla fine del secolo.

Il dominio sui mari fu invece l'obiettivo che contrappose gli interessi delle antiche repubbliche marinare: estromessa Amalfi già nel XII secolo, lo scontro proseguì tra Pisa, Genova e Venezia. Genovesi e Pisani combatterono ripetutamente per il controllo del Tirreno, e nel 1406 Pisa fu conquistata da Firenze, perdendo definitivamente la propria autonomia politica. Agli inizi del secolo la contesa era dunque ridotta a un duello fra Genovesi e Veneziani. Per tutto il Quattrocento perdurò uno Stato di conflittualità tra le due repubbliche senza battaglie decisive. La potenza di Genova andò affievolendosi nel corso del secolo e Venezia si affermò come padrona dei mari, raggiungendo il culmine della propria ascesa agli inizi del XVI secolo. Con la caduta dell'Impero bizantino (avvenuta nel 1453), l'altro grande rivale di Venezia, la Serenissima poté interessarsi ad una politica di espansione territoriale sulla terraferma che prese avvio proprio agli inizi del XV secolo.

Le iniziative militari veneziane entrarono in conflitto con gli interessi del ducato di Milano, impegnato a sua volta in una politica espansionistica guidata della famiglia Visconti. Nello scontro si inserì anche la repubblica di Firenze, minacciata dall'aggressività viscontea e alleatasi con i Veneziani. La Serenissima riportò una vittoria decisiva nella battaglia di Maclodio del 1427, assumendo una posizione egemone che allarmò i Fiorentini, i quali preferirono rompere l'alleanza e schierarsi dalla parte di Milano. La guerra si protrasse con operazioni di minore portata fino alla pace di Lodi del 1454.

36. CONTINUA

sabato 20 giugno 2015

Consorzio Speck Alto Adige IGP




Oggi parliamo del Consorzio Speck dell'Alto Adige.

Lo Speck Alto Adige IGP deve il suo tipico sapore soprattutto alla sua area di produzione: l’Alto Adige. Qui la cultura alpina e quella mediterranea creano un connubio unico e soltanto qui la natura regala un clima così particolare, con tanto sole e tanta aria pura. L’Alto Adige è un territorio molto piccolo, ma capace di capolavori di bontà, grazie ai suoi oltre 300 giorni di sole all’anno. Nella provincia più settentrionale d’Italia, il clima mediterraneo incontra i paesaggi alpini e le tipiche atmosfere di montagna. Nella suggestiva cornice delle Alpi, gli altoatesini producono già da decenni il loro tipico prosciutto affumicato e custodiscono una vera e propria cultura dello speck.

Lo Speck Alto Adige IGP vive grazie alla passione e alla dedizione dei produttori altoatesini, che preparano il prosciutto affumicato, in maniera tradizionale. Mentre a Nord delle Alpi, il prosciutto crudo si conserva attraverso l’affumicatura, e a Sud, lo si lascia asciugare all’aria aperta, gli altoatesini hanno unito i due metodi, dando vita al tipico Speck tirolese Alto Adige: leggermente affumicato e stagionato all’aria fresca di montagna, come vuole la tradizione contadina. Lo Speck Alto Adige IGP è di casa nei masi altoatesini. Al giorno d’oggi lo speck viene aromatizzato, affumicato e stagionato con metodi moderni, ma secondo l’antica ricetta di famiglia, tramandata di generazione in generazione. Così lo Speck Alto Adige offre una tradizione di altissima qualità.

Il prosciutto affumicato, mangiato da solo, è buonissimo. Lo Speck Alto Adige IGP è anche un ingrediente fondamentale di tanti piatti tipici della cucina tirolese, come i famosi canederli di speck. Così come è anche una pietra miliare nella cucina di chef stellati. Speck Alto Adige IGP – Tipicamente Alto Adige.

Per ulteriori informazioni: http://www.speck.it/it/home.html

lunedì 15 giugno 2015

Alberto Sordi



Alberto Sordi (Roma, 15 giugno 1920 – Roma, 24 febbraio 2003) è stato un attore cinematografico, regista, sceneggiatore doppiatore italiano.

Importante interprete della storia del cinema italiano, con Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni fu uno dei "mostri" della commedia all'italiana, nonché, insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, rappresentante della romanità. Si è cimentato anche in ruoli drammatici dove ha dato prova della sua versatilità di attore.

Con l'avvento della commedia all'italiana ha dato vita a una moltitudine di personaggi quasi tutti negativi di italiano medio, poco edificanti, ma rispondenti a una realtà evidente e dipinti con una cattiveria a volte inficiata da un sospetto di compiacimento, ma sempre riscattata da un magistero recitativo senza eguali, molte volte collaborando anche al soggetto e sceneggiatura dei film interpretati (190 in tutto, dei quali si ha certa la sua partecipazione a soli 146/147) e alle diciannove pellicole da lui dirette.

I personaggi di Sordi sono tendenzialmente prepotenti con i deboli e servili coi potenti, a cui cercano di mendicare qualche misero privilegio. Secondo alcuni proporre personaggi di questo tipo darebbe il "cattivo esempio", porterebbe infatti certi spettatori che altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza, ad avere un alibi e addirittura un esempio da seguire, sentendosi rappresentati e legittimati.

È praticamente impossibile enumerare tutte le sue interpretazioni, ma si devono citare almeno alcuni personaggi che hanno fatto la storia della nostra commedia: tra questi il maestro elementare supplente Impallato, che scopre per caso un allievo prodigio nel canto lirico e lo sfrutta per ottenere riconoscimenti e ricchezza in Bravissimo (1955) di Luigi Filippo D'Amico, il gondoliere rivale in amore di Nino Manfredi in Venezia, la luna e tu (1958) di Dino Risi, il marito vessato dalla moglie e colmo di debiti ne Il vedovo (1959) sempre diretto da Risi insieme a una strepitosa Franca Valeri (una delle poche attrici brillanti, oltre Monica Vitti e Silvana Mangano, che hanno saputo duettare insieme a lui ad alti livelli recitativi, con classe ed eleganza), lo spregevole componente di una commissione censoria che giudica impietosamente manifesti e film piccanti e nel privato recluta a fini immorali ballerine di night-club ne Il moralista (1959) di Giorgio Bianchi.

Estremamente riservato, non si è mai sposato (l'unica relazione sentimentale conosciuta dell'attore è quella avuta con Andreina Pagnani, più grande di lui, durata nove anni) giustificando tale scelta con la nota argomentazione «Che mi metto un'estranea in casa?». Ha vissuto sempre a Roma, sino al 1930 nella natia via san Cosimato 7 e poi, dopo la demolizione per il costruendo palazzo delle Sacre Congregazioni, nella vicina via Venezia, dunque oltrepassando Ponte Sisto e la sua Trastevere, in un appartamento di Via dei Pettinari e, dal 1958 fino alla morte, nella villa di Via Druso, insieme alle sorelle Savina (deceduta nel 1972) e Aurelia (Roma, 1917 – Roma, 2014) e con il fratello Giuseppe (Roma, 1915 – Livorno, 1990), suo amministratore, e con la segretaria Annunziata che oggi sovrintende al suo archivio personale.

Ecco il sito ufficiale di Alberto Sordi: www.albertosordi.it/

venerdì 12 giugno 2015

Arturo Benedetti Michelangeli




Arturo Benedetti Michelangeli (Brescia, 5 gennaio 1920 – Lugano, 12 giugno 1995) è stato un pianista italiano.

È uno dei più grandi interpreti del pianoforte del XX secolo, al pari di altri celebrati pianisti quali Richter e Horowitz. Per via dell'unicità del suo tocco, delle iridescenze timbriche e della sua raffinatezza interpretativa, è da molti considerato il più importante pianista italiano accanto a Ferruccio Busoni.

La perfezione della sua arte è riconosciuta da ogni critico e appassionato di musica. La ricerca del suono è portata a livelli estremi, la compostezza e l'armonia delle sue esecuzioni sono proverbiali. Le registrazioni di Benedetti Michelangeli sono pressoché unanimemente ritenute di eccezionale livello, tanto da essere considerate un punto di riferimento, si tratti delle opere di Debussy, Scarlatti, Chopin, Ravel, Schumann o Beethoven, o delle Variazioni su un tema di Paganini di Brahms. Gli furono a volte contestate una certa ritrosia nel concedersi al pubblico (i suoi recital si sono fatti sempre più rari col passare degli anni) e la limitatezza del repertorio; questo perché ridotto fu il repertorio che eseguì e registrò per il pubblico, ma sappiamo attraverso diversi suoi allievi o conoscenti che egli dominava gran parte del repertorio pianistico.

Le sue scelte esecutive furono in effetti dettate dall'esigenza di approfondire la partitura, in modo da restituirla rispettandone gli elementi strutturali in modo scrupoloso, e di trovare un equilibrio espressivo unitario. Durante lo studio, Benedetti Michelangeli non eseguiva mai esercizi tecnici ripetitivi, al contrario rieseguiva una frase diverse volte in modo da trovare equilibrio nelle dinamiche, nella qualità del suono, nella pedalizzazione (magistrale in Debussy); questo lo portava ad un'intensa attività di ricerca che sarebbe riduttivo definire "eccesso di perfezionismo". Oltre alla discografia ufficiale, sono reperibili numerose registrazioni dal vivo, anche non autorizzate (e spesso di scadente qualità tecnica), a testimonianza di come ogni esecuzione del pianista fosse considerata un evento straordinario.

Grandi furono anche le sue doti di didatta: nel 1940 gli venne conferita una cattedra per "chiara fama" presso il Liceo Musicale di Bologna; in seguito insegnò anche ai conservatori di Venezia e Bolzano. Celebri furono i suoi corsi di perfezionamento pianistico, tenuti nel castello di Paschbach ad Appiano sulla strada del vino (Bolzano), ad Arezzo, a Moncalieri e a Castagnola (Lugano). Tra i suoi migliori allievi ricordiamo in particolare Ivan Moravec, Alberto Neuman, Lodovico Lessona, Vladimir Krpan, Ivan Drenikov e, per brevi periodi, Martha Argerich, Maurizio Pollini, Paolo Spagnolo, Jörg Demus, Adam Harasiewicz. A lui si deve anche la valorizzazione di alcune opere del compositore catalano Federico Mompou, dei cui lavori scongiurò la perdita. Ha inciso dischi con le migliori orchestre sinfoniche europee e mondiali; splendide rimarranno le sue interpretazioni concertistiche del Concerto per pianoforte e orchestra in La minore, Op. 54 di Robert Schumann, con Antonio Pedrotti alla direzione dell'orchestra del Teatro alla Scala di Milano e del Concerto per pianoforte e orchestra in La minore, Op. 16 di Edvard Grieg, diretto da Alceo Galliera sempre con l'orchestra scaligera. Sublimi le interpretazioni del Concerto in Sol di Ravel con Sergiu Celibidache e del Quinto concerto di Beethoven al fianco di Carlo Maria Giulini.

Fra le sue migliori incisioni discografiche vanno incluse la registrazione dal vivo (autorizzata) a Londra del Gaspard de la nuit di Ravel, della Sonata no. 2 in Si bemolle minore di Chopin, e del Carnaval e della Faschingschwank aus Wien di Robert Schumann. Il "Gaspard", così come l'esecuzione del Concerto in Sol maggiore di Ravel, hanno stabilito uno standard esecutivo per quelle opere e la sua interpretazione del Concerto per pianoforte n. 4 di Sergei Rachmaninoff, con la londinese Philharmonia Orchestra diretta da Ettore Gracis, è comparabile a quella dell'autore stesso. Famosa la sua serie delle opere di Debussy per la Deutsche Grammophon, considerata una pietra miliare dagli appassionati del compositore francese.

domenica 7 giugno 2015

Consorzio Limone di Sorrento



Oggi presentiamo il Consorzio del limone di Sorrento.

Caratterizzate da un clima mite tipicamente mediterraneo la Penisola Sorrentina e l'isola di Capri, rinomate mete turistiche della Campania, si protendono con le loro coste alte e frastagliate in un mare limpido e cristallino.

Le fortunate condizioni climatiche di cui godono rendono la loro terra ideale per la coltura del limone che rappresenta un elemento tipico del territorio rurale sorrentino tanto è vero che, come documentato da numerosi dati storici, la presenza del limone spontaneo in Penisola Sorrentina, risale al 1500, mentre le prime coltivazioni sarebbero state opera dei Padri Gesuiti nel 1600.

Oggi come ieri, i limoneti sono adagiati lungo i pendii che discendono sino a mare e grazie alla favorevole combinazione tra clima e natura argillosa dei terreni danno un prodotto nel quale è possibile riconoscere caratteristiche organolettiche uniche e superiori.

Il sistema di coltivazione dei limoneti sorrentini e dell'isola di Capri si avvale di strutture del tutto particolari note come "pergolato sorrentino", formate da coperture di canne (pagliarelle) sostenute da pali di castagno. Tali strutture oltre a proteggere i limoni dai venti invernali e dalle eventuali grandinate, hanno la funzione di ritardare la maturazione dei frutti. Tradizionale e tipica componente paesaggistica della Penisola Sorrentina e di Capri, il pergolato sorrentino e' un sistema di coltivazione in grado di migliorare sensibilmente la qualita' dei limoni; infatti ritardando la maturazione dei frutti si esaltano le proprieta' organolettiche del prodotto rappresentato dalla varietà di limone locale.

Per maggiori informazioni: http://www.limonedisorrentoigp.it/

venerdì 5 giugno 2015

Consorzio del Vino Chianti Classico



Oggi conosciamo il Consorzio del Vino Chianti Classico.

Il primo consorzio fra produttori vitivinicoli d’Italia viene istituito il 14 maggio 1924, quando un gruppo di 33 produttori si riunisce a Radda in Chianti per dar vita al Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca d’origine.

Il famoso vino prodotto in Chianti viene infatti imitato in altre parti della Toscana, rendendo necessaria la creazione di un organismo che tuteli dai plagi e promuova lo sviluppo del territorio vinicolo già delimitato nel lontano 1716 con un editto del granduca di Toscana Cosimo III. Da subito, gli associati scelgono come immagine il Gallo Nero, storico simbolo dell’antica Lega Militare del Chianti, e a fine settembre i soci iscritti sono già 189.

Dal 1924 al 1967, il Consorzio deve sostenere lunghe e difficili battaglie legali per ottenere il riconoscimento esclusivo, secondo il quale i vini provenienti dal territorio del Chianti sono distinti dagli altri vini prodotti un po’ in tutta la Toscana. Un primo importante passo si compie con il decreto ministeriale del 1932, che individua sette distinte zone di produzione del vino Chianti: a quello prodotto nei confini geografici del Chianti viene riconosciuta la territorialità, l’origine e la primogenitura ben prima dell’introduzione del sistema delle denominazioni, concedendo l’associazione alla parole “Chianti” dell’aggettivo “Classico” per potersi distinguere dagli altri. Da quel momento in poi, quindi, “Classico” significa “il primo”, “l’originale”. Nel 1967 entra in vigore il decreto che riconosce un’unica Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) del Chianti, all’interno della quale il “Classico” viene disciplinato come un vino dalle caratteristiche più selettive.

Nel 1984, il Chianti – e di conseguenza la zona di origine più antica il Chianti Classico – ottiene la D.O.C.G. (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita), il riconoscimento più alto per i vini italiani di qualità. Tre anni dopo, nel 1987, in prospettiva dell’ormai imminente legge che avrebbe imposto ai consorzi di tutela l’obbligo di cessione del marchio a tutti gli utilizzatori della denominazione, il Consorzio suddivide la sua attività in due organismi: il Consorzio Vino Chianti Classico, che cura tutte le attività di tutela e vigilanza, e il Consorzio del Gallo Nero (poi Consorzio del Marchio Storico – Chianti Classico), dedito invece alla promozione e alla valorizzazione dei vini contraddistinti dal marchio del Gallo Nero. A conclusione di un iter legale durato 70 anni, con il decreto ministeriale del 5 agosto 1996 il Chianti Classico diviene finalmente una D.O.C.G. autonoma, con un disciplinare di produzione distinto da quello del vino Chianti.

Da allora, Chianti e Chianti Classico sono due diverse denominazioni, con differenti disciplinari e zone di produzione.

L’inizio del nuovo millennio vede compiersi alcuni passi determinanti nella definizione dell’attuale “sistema Chianti Classico”. Nel giugno del 2005, il Consorzio del Marchio Storico – Chianti Classico viene incorporato al Consorzio Vino Chianti Classico. A seguito della fusione, il marchio del Gallo Nero viene inserito all’interno del contrassegno di Stato e quindi applicato obbligatoriamente su tutte le bottiglie di vino Chianti Classico. Il Gallo Nero torna così ad essere il simbolo univoco di tutto il Chianti Classico, assumendo un connotato fortemente identificativo del territorio e dell’intera filiera produttiva.

Dalla fine del 2007, infine, il consumatore è in grado di poter controllare tramite Internet la genesi e la storia di una bottiglia di vino attraverso il numero identificativo riportato sul contrassegno di stato (la fascetta rosa che contraddistingue i vini a D.O.C.G.)

Per scoprire tutto sul vino rosso più conosciuto al mondo: http://www.chianticlassico.com/

martedì 2 giugno 2015

Compleanno di peanutsfromitaly





Il 2 giugno 2013 peanutsfromitaly pubblicava il suo primo post con a tema la festa della Repubblica italiana.

In questi due anni abbiamo cercato di raccontare, quasi ogni giorno, un fatto, un avvenimento, una notizia relativa al Paese più bello del mondo, almeno secondo noi!

Il nostro scopo è quello di far conoscere gli aspetti noti e quelli meno famosi della nostra Nazione per invogliare i nostri lettori a visitarla e ad amarla sempre di più.

Di strada ne abbiamo ancora molta da fare, ma con il seguito che abbiamo avuto sino ad ora, confidiamo che il nostro blog stia mantenendo fede alla missione che si è scelto.

Continuate a seguirci e grazie per la vostra amicizia.



lunedì 1 giugno 2015

Il meridione tra Angioini e Aragonesi (1250-1442)




Il papa, approfittando della morte di Federico II, cercò di insediare al trono del Regno di Sicilia Carlo I d'Angiò, fratello del re di Francia. Carlo trovò però l'opposizione di Manfredi, figlio di Federico II, che inizialmente ottenne una serie di successi, tanto che il partito ghibellino si affermò in molti comuni italiani, primo tra tutti Firenze: le milizie guelfe della città furono sconfitte a Montaperti (1260) dai Senesi, Ghibellini, aiutati dalle truppe dello stesso Manfredi. Costui fu tuttavia sconfitto pesantemente a Benevento da Carlo d'Angiò provocando un improvviso crollo del partito ghibellino in tutta Italia.

A causa dell'esoso fiscalismo degli Angioini (che misero ai posti di comando numerosi baroni francesi), nel 1282 la popolazione di Palermo insorse, chiamando in loro aiuto Pietro III d'Aragona, genero di Manfredi, che dichiarò guerra agli Angioini, dando così inizio alla Guerra del Vespro che si concluse soltanto nel 1302 con la Pace di Caltabellotta, in seguito alla quale la Sicilia sarebbe passata agli Aragonesi. Il Regno di Napoli restò invece sotto la dominazione angioina, con capitale Napoli; sotto gli Angioini fu mantenuto l'assetto amministrativo di origine sveva, con giustizierati e universitates, anche se le ultime regalie del napoletano furono però perse, quali il diritto del sovrano di nominare degli amministratori regi nelle diocesi con sedi vacanti. Con Roberto d'Angiò a Napoli fiorirono le scienze umanistiche, con l'istituzione di una scuola di teologi scolastici e la commissione di traduzioni dal greco, da Aristotele a Galeno, per la Biblioteca Nazionale di Napoli, ma fiorì anche la cultura greca di Calabria, grazie alla quale il neoplatonismo e la cultura ellenistica entrarono nella tradizione italiana, dal Petrarca a Pico della Mirandola.

Morto Roberto, seguirono anni di instabilità politica a causa di una guerra di successione fra Giovanna I di Napoli e Carlo di Durazzo, cui seguì il breve regno di Luigi II d'Angiò, subito detronizzato da Ladislao I, figlio di Giovanna. Sotto il regno di questi, il regno ritrovò stabilità e anzi riuscì ad espandersi su buona parte dell'Italia centrale ai danni dello Stato Pontificio e dei comuni toscani. Nel 1414 però Ladislao morì e il regno tornò presto nei confini originari. Gli succedette Giovanna II, l'ultima sovrana angioina nel napoletano, che non avendo avuto eredi diretti, adottò un aragonese come figlio, Alfonso V d'Aragona, diseredandolo poi del regno, in favore di Renato d'Angiò. Alla morte di costei Alfonso rivendicò il diritto di successione dichiarando guerra a Napoli. Col sostegno del ducato di Milano Alfonso si impadronì in breve tempo del trono di Napoli, che governò con il nome di Alfonso I di Napoli e col titolo di Rex Utriusquae Siciliae. Costui, come poi suo figlio Ferrante, contribuì ampiamente all'ammodernamento del territorio dominato sul modello economico aragonese, tramite il sostegno giuridico della transumanza, i fori boari, il contrasto dei privilegi feudali e l'adozione del napoletano come lingua di stato.

35. CONTINUA