mercoledì 24 dicembre 2014

Il presepe genovese

Presepe Artistico del Santuario della Madonnetta


Il presepe genovese è, fra i molti delle varie città italiane, quello che - assieme al presepe napoletano ed a quello bolognese - gode di maggior prestigio vantando antiche e consolidate tradizioni, tanto da aver dato vita, nel Settecento, ad una vera e propria scuola.

A tale scuola è attribuito notevole valore, oltre che per l'antico radicamento sul territorio di numerose botteghe artigiane, nelle quali venivano realizzate le prime figurine per la sacra rappresentazione, soprattutto per la minuzia e la pregevolezza dei materiali usati (dal legno alla ceramica, ma, anche, alla carta adoperata per produrre raffinate sagome disegnate) con cui - soprattutto nel passato - venivano rifinite nei minimi particolari le statuine (vestimenti, particolari dei volti, ecc.) destinate a prendere vita sotto una rigorosa volta celeste.

Della rappresentazione della Natività di Gesù Cristo nel capoluogo ligure - spesso definita con il nome alternativo di presepio - si ha notizia a partire dal XVII secolo quando già era attiva a Santa Maria di Castello una Compagnia del Santo Presepio ed alcune figure in legno destinate alla chiesa di San Giorgio venivano commissionate all'intagliatore Matteo Castellino.

Dalle origini, per consolidare una tradizione che a Genova sarà ancora molto sentita nei secoli seguenti, occorrerà attendere però circa ancora un centinaio di anni: dal secolo dello splendore, il Settecento, la riproduzione della grotta di Betlemme con tutti i suoi protagonisti - attori di uno degli eventi più importanti della cristianità - non avviene più soltanto nelle chiese ma anche nelle case di patrizi e borghesi, dando vita, così, al moltiplicarsi delle botteghe artigiane specializzate nell'intaglio del legno.

Molti fra i presepi genovesi rimangono allestiti, al giorno d'oggi, per tutta la durata dell'anno. Fra essi (ed è probabilmente il più attraente e rinomato di tutti) ve ne è uno, in particolare, organizzato a scena fissa ed impreziosito da statuine della scuola di Anton Maria Maragliano (1664-1739), la cui bottega fu tra le più rinomate nella produzione di figurine da presepe. È di ambientazione prevalentemente urbana e si trova nel Santuario di Nostra Signora di Carbonara, conosciuto come Santuario della Madonnetta.

Il presepe è articolato - su di un'area di circa cento metri quadrati - in cinque quadri, tre dei quali, in posizione centrale, sono ambientati - con grande resa scenografica - in una ideale Genova del Sei-Settecento. Vi si scorgono i tipici carrugi (o carruggi), oscura ragnatela di angusti vicoli - molto spesso maleodoranti ed umidi - che tutt'oggi costituisce la trama di quella sorta di enclave che è il centro storico genovese, uno fra i più estesi se non il più esteso in senso assoluto d'Europa. Gli altri due quadri, posti lateralmente, sono invece ambientati uno, quello a sinistra, nella campagna fuori le porte, verso la Valbisagno, e l'altro, quello alla destra, nella culla della cristianità: Gerusalemme.

Il significato - anche didascalico - dell'operazione scenografica dei curatori del presepe è piuttosto evidente, nella sua intenzione di unire - nella concezione religiosa e filosofica del messaggio cristiano - l'Oriente e l'Occidente, in una città - Genova, appunto - che molto ha mutuato, e molto mutua ancora, dalla cultura mediterranea che si espande dalle coste dell'Africa.

sabato 20 dicembre 2014

Il presepe napoletano

Il presepe napoletano della Reggia di Caserta 


Il presepe napoletano è una rappresentazione della nascita di Gesù ambientata tradizionalmente nella Napoli del Settecento.

L'arte presepiale napoletana si è mantenuta tutt'oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate e seguite della città. Famosa a Napoli, infatti, è la nota via dei presepi (via san Gregorio Armeno) che offre una vetrina di tutto l'artigianato locale riguardante il presepe. Inoltre, numerosi sono i musei cittadini e non (come il museo di San Martino o la reggia di Caserta) nei quali sono esposti storici pezzi o intere scene che ambientati durante la nascita di Gesù.

Il primo presepio a Napoli viene menzionato in un documento che parla di un presepio nella Chiesa di S. Maria del presepe nel 1025. Ad Amalfi, secondo varie fonti, già nel 1324 esisteva una "cappella del presepe di casa d'Alagni".

Nel 1340 la regina Sancia d'Aragona (moglie di Roberto d'Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo di San Martino.

Altri esempi risalgono al 1478, con un presepe di Pietro e Giovanni Alemanno di cui ci sono giunte dodici statue, e il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino, visibile a Sant'Anna dei Lombardi.

Nel XV secolo si hanno i primi veri e propri scultori di figure. Tra questi sono da menzionare in particolare i fratelli Giovanni e Pietro Alemanno che nel 1470 crearono le sculture lignee per la rappresentazione della Natività. Nel 1507 il lombardo Pietro Belverte scolpì a Napoli 28 statue per i frati della Chiesa di San Domenico Maggiore. Per la prima volta il presepio fu ambientato in una grotta di pietre vere, forse venute dalla Palestina, ed arricchito con una taverna. Nel 1532 secolo registrò delle novità: Domenico Impicciati fu probabilmente il primo a realizzare delle statuine in terracotta ad uso privato. Uno dei personaggi, altra novità, prese le sembianze del committente, il nobile di Sorrento, Matteo Mastrogiudice della corte aragonese. Nel 1534 arrivò a Napoli San Gaetano da Thiene che aveva già dato prova di grande amore per il presepio in Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. L'abilità di Gaetano accrebbe la popolarità del presepio e particolarmente apprezzato fu quello costruito nell'Ospedale degli Incurabili. Si deve ai sacerdoti scolopi, nel primo ventennio del Seicento, il presepio barocco. Le statuine furono sostituite da manichini snodabili di legno, rivestiti di stoffe o di abiti. I primissimi manichini napoletani erano a grandezza umana per poi ridursi attorno ai settanta centimetri. Il presepio più famoso fu realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchessa. La Chiesa degli scolopi lo smontava ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu un'innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi. Nel 1640, grazie a Michele Perrone, i manichini conservarono testa ed arti di legno, ma furono realizzati con un'anima in filo di ferro rivestito di stoppa che consentì alle statue di assumere pose più plastiche. Verso la fine del Seicento nacque la teatralità del presepio napoletano, arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, a rappresentare in ogni arte la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepio statue di personaggi del popolo come i nani, le donne con il gozzo, i pezzenti, i tavernari, gli osti, i ciabattini, ovvero la rappresentazione degli umili e dei derelitti: le persone tra le quali Gesù nasce. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine delle colonne pagane. Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d'oro, uscì dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell'aristocrazia. Nobili e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati. Giuseppe Sanmartino, forse il più grande scultore napoletano del Settecento, abilissimo a plasmare figure in terracotta, diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.

La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia e più laicamente s'interessa dei pastori, dei venditori ambulanti, dei re Magi, dell'anatomia degli animali. Benché Luigi Vanvitelli definì l'arte presepiale "una ragazzata", tutti i grandi scultori dell'epoca si cimentarono in essa fino all'Ottocento inoltrato.

Nel Seicento il presepe allargò il suo scenario. Non venne più rappresentata la sola grotta della Natività, ma anche il mondo profano esterno: in puro gusto barocco, si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura e le scene divennero sfarzose e particolareggiate (Michele Perrone fu tra gli artisti principali in questo campo), mentre i personaggi si fecero più piccoli: manichini in legno o in cartapesta saranno preferiti anche nel Settecento.

Il secolo d'oro del presepe napoletano è il Settecento, quando regnò Carlo III di Borbone. Per merito della fioritura artistica e culturale in quel periodo anche i pastori cambiarono il loro sembiante. I committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili.

Una delle collezioni più ricche e più grandi di presepi nel mondo si trova nel Museo Nazionale Bavarese (Bayerisches Nationalmuseum) a Monaco di Baviera. La maggior parte della collezione è arrivata al museo dalla collezione privata di Max Schmederer.

Ma il Museo della Certosa di San Martino è certamente il punto di riferimento per gli studi sul presepe Napoletano, oltre ai ricchi presepi ancora conservati integri a Napoli e altrove. Forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano è il presepe Cuciniello realizzato tra il 1887 e il 1889 ed esposto a San Martino; un altro celeberrimo, esposto talvolta a palazzo reale, è il Presepe del Banco di Napoli.

Nel Novecento questa tradizione è gradualmente scomparsa, ma oggi grandi presepi vengono regolarmente allestiti in tutte le principali chiese del capoluogo campano e molti napoletani lo allestiscono ancora nelle proprie case.

giovedì 18 dicembre 2014

Virna Lisi



Oggi è morta Virna Lisi. L’attrice aveva 78 anni. 

Nata ad Ancona e trasferitasi successivamente a Roma, Virna Pieralisi, questo il suo vero nome, viene scoperta all’età di soli 14 anni, ed inizia appena adolescente a muovere i primi passi nel mondo del cinema, contro la volontà paterna. Le sue prime parti da attrice sono in film del genere strappalacrime, molto in voga negli anni ’50. Poi a metà dello stesso decennio le prime commedie, anche al fianco di Alberto Sordi in Lo Scapolo di Antonio Pietrangeli. 

Il grande successo arriva con una pubblicità, nel 1957, è il volto dello spot del dentifricio Chlorodont, che viene trasmesso durante Carosello, con lo slogan (diventato un vero tormentone) “Con quella bocca può dire ciò che vuole”. 

Nel 1960 arriva il matrimonio con quello che sarà il grande amore della sua vita, l’architetto romano Franco Pesci. A lui Virna sarà legata per tutta la sua vita, un matrimonio durato 53 anni, fino alla morte di lui nel 2013. Da quell’unione è nato un figlio, Corrado. Dopo un momentaneo allontanamento dalle scene, per occuparsi proprio del figlio e della famiglia, Virna torna a recitare in numerose commedie Rai, e anche al cinema, dove è al fianco di Totò in Sua Eccellenza si fermò a mangiare. La sua fama si diffonde ben presto oltre i confini italiani, inizia a lavorare in Francia dove interpreta tra l’altro Il tulipano nero e Il delitto Duprè. La seconda metà degli anni ’60 segna il suo debutto nel cinema hollywoodiano, e si trasferisce con marito e figlio a Los Angeles. Il suo primo film a Hollywood è Come uccidere vostra moglie, in cui recita al fianco di Jack Lemmon e Therry Thomas. Una pellicola rimasta nella storia per la scena in cui la Lisi esce dalla torta di compleanno indossando solo un bikini.

Bellissima e ammiratissima, Virna diventa però presto insofferente al ruolo di “bambola bionda” che le viene affibbiato dal mondo dello starsystem americano. Per questo rifiuta nel 1968 il ruolo da protagonista del film Barbarella, così come dice no a Playboy che l’avrebbe voluta immortalare in copertina. In tutta risposta lei rescinde il contratto con la Paramount e torna in Italia. Qui riprende a lavorare per produzioni italiane ed europee, nel 1977 il ruolo di Elizabeth Nietzsche nel film Al di là del bene e del male le vale il Nastro d’argento come miglior attrice non protagonista. È del 1980 invece il suo primo David di Donatello per La cicala. Gli anni ’80 sono un periodo di grande attività per lei, che torna a comparire anche in pellicole hollywoodiane tra cui I love N.Y. diretto da Alan Smithee. Tante le commedie che la vedono protagonista anche in televisione, dove è interprete di alcuni degli sceneggiati Rai di maggior successo di quel periodo.

Gli anni ’90 sono per lei all’insegna delle miniserie televisive, come I misteri della giungla nera, ma anche dei film prodotti in Francia: la sua interpretazione in La Regina Margot, tratto dal romanzo di Alexander Dumas padre le valse il premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Cannes. Un decennio che la vede appunto fare la spola fra la terra francese e l’Italia, nel 1996 interpreta Và dove ti porta il cuore di Cristina Comencini ispirato al romanzo di Susanna Tamaro. E vince, ancora una volta, il Nastro d’argento. Dal 2000 in poi la vediamo quasi esclusivamente in televisione, lunghissimo l’elenco delle fiction che la vedono protagonista, da Caterina e le sue figlie a L’onore e il rispetto, Il bello delle donne. Nel 2009 riceve il premio alla carriera ai David di Donatello. Una vita sotto i riflettori, ma sempre accanto al compagno e marito Franco Pesci. E quando lui, nel 2013, muore dopo una grave malattia, per Virna è un dolore infinito. 

sabato 13 dicembre 2014

Il presepe bolognese

Complesso monumentale della Basilica di Santo Stefano a Bologna (detto anche "Le sette chiese"). Gruppo ligneo policromo dell'Adorazione dei Magi, del 1370, conservato nell'edificio del Martyrium'.  Foto di Giovanni Dall'Orto - 


Il presepe bolognese può vantare una tradizione plurisecolare che risale al XIII secolo.

Il presepe più antico esistente nella provincia di Bologna è quello conservato, almeno dal 1560, presso la parrocchia di Capugnano, nel comune di Porretta Terme. Si tratta di un gruppo di figure di pregevole fattura, alte circa 60 cm, destinate all'allestimento della scena della nascita di Gesù all'interno di un'abitazione o di una piccola chiesa.

Nella basilica di Santo Stefano a Bologna si conserva il più antico presepe al mondo con statue a tutto tondo risalente al XIII secolo, ritenuto uno dei più grandi d'Italia. La Basilica, nota anche come "Le Sette Chiese" o "la Gerusalemme bolognese", fu per secoli un'importante tappa nei percorsi dei pellegrini che si recavano a sud verso Roma o Gerusalemme, o a ovest verso Santiago de Compostela. Il flusso di pellegrini fu uno dei fattori che stimolarono la notevole produzione di arte sacra a Bologna, e richiamarono in città molti artisti, tra cui sculturi e ceramisti, che si cimentarono anche nella realizzazione di statue e figure per i presepi delle principali chiese.

A partire dal XVIII secolo, alla produzione artistica si affiancò l'offerta delle botteghe artigiane, che realizzavano, per lo più con l'uso di stampi, figurine destinate ai presepi domestici. Per la vendita di tali articoli venne istituita la Fiera di Santa Lucia, un mercato annuale che si teneva nel periodo attorno al 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, davanti alla chiesa intitolata alla santa in Via Castiglione, attuale Aula Magna dell'Università di Bologna. Dopo l'arrivo delle truppe napoleoniche in città nel 1796, la fiera venne spostata sotto il portico della Chiesa di Santa Maria dei Servi, in Strada Maggiore, dove tuttora viene organizzata ogni anno nel periodo che precede il Natale. Da oltre due secoli, quindi, per i bolognesi è una tradizione visitare la Fiera di Santa Lucia per acquistare statuine, casette, muschio, fondali, luci, addobbi natalizi e dolciumi. A partire dagli anni 1980 molti banchi tradizionali sono stati progressivamente sostituiti da venditori ambulanti di articoli eterogenei, ma, seppure con un'offerta ridotta rispetto al passato, il mercatino di Santa Lucia rimane l'unico in città dove è possibile trovare figurine e accessori per il presepio.

Il presepe bolognese si distingue da altre tradizioni presepistiche italiane, per esempio quella napoletana, perché i personaggi sono scolpiti o modellati per intero, abiti compresi. Non si tratta quindi di statue vestite, né di figurini con volto e mani di legno o ceramica e abiti di stoffa. Vari materiali possono essere impiegati, dalla terracotta alla cartapesta, dal legno al gesso, a seconda delle capacità dell'artista o dell'artigiano, del metodo di produzione e della clientela a cui è destinata. Per valorizzare il patrimonio artistico e la tradizione artigianale locale, il Comune e la Diocesi di Bologna hanno pubblicato congiuntamente un opuscolo, intitolato Le Vie dei Presepi a Bologna e in Provincia, che presenta oltre 60 luoghi dove è possibile visitare presepi d'arte, tradizionali, meccanici. Una collezione di presepi tradizionali bolognesi è esposta permanentemente presso il Museo Davia Bargellini; altri presepi sono visibili tutto l'anno presso il Museo della Beata Vergine di San Luca e presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Durante il periodo natalizio, tra i più noti e visitati ci sono il presepe tradizionale meccanico della Basilica di San Francesco, in Piazza Malpighi, e la rassegna presepistica organizzata dall'Associazione Italiana Amici del Presepio presso la Chiesa di San Giovanni in Monte.

Un’altra esposizione di Presepi conosciuta a Bologna è inoltre quella che lo scultore Ivan Dimitrov negli anni ‘90 e fino al 2009 ha realizzato a Palazzo Re Enzo ed in altri spazi espositivi bolognesi, alcuni dei quali in omaggio ai grandi Maestri della storia dell'arte (Leonardo, Brueghel, Durer, Rembrandt, Rubens)

Un altro evento tradizionale legato al presepe a Bologna è la Gara Diocesana Il Presepio nelle famiglie e nelle collettività. Fu istituita nel 1954 dall'allora cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, come iniziativa pastorale per promuovere la pratica cristiana del presepio nella comunità locale. Possono concorrere tutti i presepi, non solo quelli allestiti nelle chiese: alla gara partecipano molte scuole, ma anche caserme, ospedali, condomini, gruppi di lavoratori o singoli cittadini. Attiva da oltre cinquant'anni, la manifestazione ha contribuito a far emergere un nuovo personaggio tipico, la Curiosa, che guarda interessata la scena ma non si avvicina.

venerdì 12 dicembre 2014

Il presepe in Italia

Il presepe luminoso sulla collina di Manarola nelle Cinque Terre

Dicembre, tempo di Avvento, tempo di presepe.

Abbiamo già parlato della nascita del presepe (vdr.http://peanutsfromitaly.blogspot.it/2013/12/il-presepe.html ), oggi parliamo dei diversi presepi italiani.

Anche in Italia il presepe si differenzia, nelle varie regioni, per ovvi motivi culturali. Per lo più, quando si parla dei presepi italiani non si effettua una vera e propria distinzione dal punto di vista culturale: in Italia i diversi presepi si differenziano piuttosto per i diversi prodotti e materiali utilizzati per ricreare la scena della nascita del bambino Gesù. Possiamo ricordare a tal proposito il presepe genovese che si realizza con pastori in legno, il presepe pugliese che utilizza la carta pesta per realizzare il prodotto finito, il presepe siciliano realizzato con l'aggiunta di prodotti tipici siciliani come rami d'arancio e di mandarino e sul quale si utilizzano diversi materiali come corallo, madreperla ed alabastro, tutti prodotti tipici della Sicilia. Per le figure in legno è inoltre da ricordare il presepe di Villar Focchiardo in Valle di Susa, costituito da 270 figure in legno a grandezza naturale, esposte nei cortili e nelle vie del paese dall'8 dicembre al 5 gennaio.

Nei prossimi giorni vi illustreremo alcune tipologie di presepi italiani.

domenica 7 dicembre 2014

La prima della Scala



Come tradizione, il 7 dicembre, Sant'Ambrogio, ha luogo l'apertura della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano.

Quest'anno l'opera rappresentata è il Fidelio diretto da Daniel Barenboim. 

Se desiderate seguire in diretta la prima della Scala, cliccate qui sotto dalle ore 17,30 (ora italiana):

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/dirette/PublishingBlock-5d691044-de91-4942-8c9c-4b9bda4b8b79.html?channel=Rai%205

Il Teatro alla Scala di Milano (citato spesso semplicemente come la Scala) è uno dei teatri più famosi al mondo: da oltre duecento anni ospita artisti internazionalmente riconosciuti ed è stato committente di opere tuttora presenti nei cartelloni dei teatri lirici di tutto il mondo. È situato nell'omonima piazza, affiancato dal Casino Ricordi, oggi sede del Museo teatrale alla Scala.

Il teatro prende nome dalla Chiesa di Santa Maria alla Scala, a sua volta così intitolata in onore della committente Regina della Scala. La chiesa fu demolita alla fine del XVIII secolo per far posto al teatro (“Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala”), inaugurato il 3 agosto 1778 con L'Europa riconosciuta, dramma per musica composto per l'occasione da Antonio Salieri.

Fidelio (Op. 72b) è un Singspiel in due atti di Ludwig van Beethoven su libretto di Joseph Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke.

La prima rappresentazione fu data il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien (Vienna) diretta da Ignaz von Seyfried.

Fidelio è l'unico lavoro teatrale realizzato dal maestro di Bonn. Venne composto dall'autore al culmine della propria esperienza e maturità artistica e rivela nella sua originalità tutto lo stile tipico del genio creativo beethoveniano. Nel 1804 il compositore rimase affascinato da Léonore di Jean-Nicolas Bouilly. Tuttavia la prima versione del Singspiel, presentata il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien con il titolo Fidelio, oder die eheliche Liebe (Op. 72) (Fidelio o l’amor coniugale), non incontrò il favore del pubblico tanto che Beethoven fu costretto a ritirare l'opera. Gran parte dell'insuccesso fu dovuto, quasi sicuramente, all'eccessiva lunghezza del lavoro (tre atti). Un notevole peso dovette avere anche il momento storico molto travagliato per Vienna, che proprio in quei giorni era stata invasa dall'esercito napoleonico, creando un clima di generale paura per la città e i suoi abitanti (quasi tutti gli spettatori erano costituiti da militari francesi). Non si può, infatti, tacere sul peso anche politico del Fidelio, il cui tema della lotta contro la tirannia e dell'affermazione della libertà e della giustizia, estremamente caro a Beethoven al di là della contingenza storica, poteva trovare diretta giustificazione nella situazione in cui si trovava la città austriaca.

Nonostante le aspre critiche di chi accusava Beethoven di non sapere scrivere per le voci, di trattarle indistintamente come strumenti e di essere poco avvezzo al genere teatrale, egli arrangiò, avvalendosi di un libretto revisionato dall'amico Stephan von Breuning, una nuova versione in due soli atti del lavoro, ripresentata l'anno successivo (26 marzo 1806) con il titolo Leonore (Op. 72a) (Leonore o il trionfo dell’amor coniugale), ma con non migliori esiti, tanto da costringerlo a ritirarlo nuovamente. Solo otto anni dopo (1814), dietro richiesta del Theater am Kärntnertor, Beethoven tornò ancora una volta su Fidelio avvalendosi della collaborazione del giovane Treitschke, che corresse il libretto migliorandolo dal punto di vista teatrale. La versione definitiva andò in scena in quello stesso anno con successo il 23 maggio con Johann Michael Vogl come Don Pizarro.

Il segno più evidente del lungo travaglio compositivo è costituito dalle quattro ouverture scritte da Beethoven per il Singspiel: due nel 1804, una nel 1805 e un'ultima (quella definitiva) nel 1814.

venerdì 5 dicembre 2014

Motor Show di Bologna

Esibizione al Motor Show di Bologna


Inizia oggi, per terminare il 14 dicembre la 39° edizione del Motor Show di Bologna.

Il Motor Show è una manifestazione fieristica internazionale (riconosciuta dall'OICA) che si tiene presso i saloni della fiera di Bologna dal 1976 durante la prima decade di dicembre ed è un salone dell'auto e della moto unico nel suo genere: alla parte espositiva si unisce un'anima motorsport espressa dalla realizzazione di un vero e proprio circuito in miniatura.

Fu ideato e realizzato per la prima volta nel 1976 dal bolognese Mario Zodiaco, che intendeva proporre una alternativa ai soliti Saloni, come quello di Torino e di Ginevra, poco interessanti per i giovani e per il pubblico femminile. Zodiaco fondò una società con Sandro Munari e Giacomo Agostini per la gestione del Motor Show e la sua promozione. Dopo l'edizione del 1980 vendette tutti i diritti a Alfredo Cazzola, che, tramite la sua società, la Promotor, ne ha curato la realizzazione fino all'edizione del 2006. Nel 2007 la Promotor, che tuttora organizza il Motor Show, è stata venduta al gruppo francese GI Events.

La durata della manifestazione è di poco più di una settimana e sono solitamente presenti, con propri spazi espositivi, le maggiori case automobilistiche e motociclistiche mondiali.

Al Motor Show prendono parte anche moltissimi artisti e grandi personaggi delle 2 e delle 4 ruote. La manifestazione infatti è conosciuta, oltre che per la presentazione dei modelli più recenti di autovetture e dei prototipi di produzione futura, anche per la presenza, nell'area esterna ai padiglioni, di circuiti artificiali su cui vengono organizzate competizioni e show automobilistiche e motociclistiche di livello internazionale che rappresentano quasi tutte le discipline sportive legate al mondo dell'automobile, dalla Formula 1 al Rally. Tra il 1988 e il 1996 ospitò il Trofeo Indoor di Formula 1.

Per essere informati sull'edizione 2014: http://www.motorshow.it/

lunedì 1 dicembre 2014

Porana

Chiesa di S. Crispino a Porana


Porana è nell'elenco dei borghi più belli d'Italia.

Nel cuore dell´Oltrepò pavese, a pochi chilometri da Voghera, perduta in mezzo alla tranquillità delle campagne, quasi improvvisa sorge Porana: la Chiesa di San Crispino, parte di un complesso architettonico che comprende, oltre all´edificio sacro, anche la bellissima Villa Meroni con l´annesso parco e giardino all´italiana, l´asilo, che purtroppo è da tempo in decadenza, la grande aia e le cascine sparse qua e là. 

Secondo un’ipotesi il nome è formato da Po ( si trova a qualche chilometro di distanza dal fiume Po) e rana, termine onomatopeico che deriva dal gotico ran ed indica lo scorrere delle acque. Una seconda teoria farebbe invece riferimento alla scarsità di rane presenti sul territorio in contrapposizione al confinante comune di Lungavilla, anticamente noto come Calcababbio, in cui invece erano particolarmente abbondanti i rospi (in dialetto “babi”).

Porana è immersa nella campagna oltrepadana. Tra le colture tipiche della zona spiccano il peperone, la cipolla e la patata. Solo pochi chilometri ed il paesaggio pianeggiante cede il passo ai dolci pendii collinari: dai vigneti che li ricoprono si ricavano i rinomati vini dell’Oltrepò Pavese.

All'inizio del XIX secolo il territorio del soppresso comune di Porana fu unito a Pizzale. 

Porana ebbe una storia molto diversa dal suo attuale capoluogo: apparteneva alla pieve di Casteggio, nella diocesi di Piacenza (mentre Pizzale era nella pieve di Voghera, diocesi di Tortona), e fu un antichissimo possesso della chiesa di Pavia cui sarebbe stato donato dal vescovo Crispino (la parrocchia è infatti dedicata a San Crispino). Come comune era noto già nel XIII secolo, ed era dotato di un castello, distrutto per ordine di Castellino Beccaria, signore di Voghera, durante le lotte con i Visconti (cui probabilmente Porana era rimasta fedele).

Link: http://www.porana.it/
Distanza: 58 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 66 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )