giovedì 27 marzo 2014

Benvenuto in Italia Mr. President!

PeanutsfromItaly saluta l'arrivo in Italia, a Roma, del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

Il Presidente Obama questa mattina alle ore 10 A.M. (ora di Roma) ha incontrato in Vaticano Papa Francesco. Piena è stata la sintonia tra il Papa e il Presidente Obama riguardo l'impegno continuo che i grandi della terra devono mantenere a favore dei più deboli e dei più poveri.

Successivamente alle ore 13 il Presidente Obama ha incontrato a pranzo il Presidente Napolitano e alle ore 15 il Primo Ministro italiano Matteo Renzi. Ampia la sintonia tra i due Premier: Renzi ha dichiarato che il motto Yes We Can! che fece vincere a Obama la prima campagna elettorale è stato preso in prestito per segnare il cambiamento in atto in questo momento in Italia.

Obama ha dato credito a Renzi, riconoscendo la portata storica delle riforme che il Governo italiano ha dichiarato di voler portare a termine.

Conclusi gli impegni pubblici, Obama ha voluto fare un tuffo nella storia di Roma, visitando il Colosseo e la zona dei Fori imperiali.

Auguri Mr President! Torni quando vuole in Italia, anche quando non sarà più Presidente!







martedì 25 marzo 2014

Storia d'Italia - Spartaco

La morte di Spartaco

Il trattamento disumano degli schiavi, i quali, secondo la legge, non erano persone, ma strumenti dei quali il padrone poteva abusare, danneggiare o uccidere senza conseguenze legali, portò essi a rivoltarsi più volte a Roma nel tentativo di ottenere la libertà o un miglioramento delle loro condizioni. Le prime due ribellioni, o guerre servili (scoppiate rispettivamente nel 135 a.C. e nel 104 a.C.), pur necessitando di anni di interventi militari diretti per essere sedate, non minacciarono mai la penisola italiana né tanto meno la città di Roma direttamente.

La terza guerra servile, condotta dallo schiavo e gladiatore Spartaco e scoppiata a Capua nel 73 a.C., al contrario mise in forti difficoltà Roma, che sottovalutò la minaccia: nei primi tempi numerose legioni subirono non pronosticate sconfitte contro gli schiavi ribelli, il cui numero era rapidamente cresciuto fino a 70.000, ma, una volta che venne stabilito un comando unificato sotto Marco Licinio Crasso, al comando di sei legioni, la ribellione venne schiacciata nel 71 a.C. Circa 10.000 schiavi fuggirono dal campo di battaglia, mentre 6.000 di essi vennero crocifissi lungo la Via Appia, da Capua a Roma. La rivolta scosse il popolo romano, che a causa della grande paura sembrò iniziare a trattare i propri schiavi meno duramente di prima. 17 - CONTINUA


venerdì 21 marzo 2014

Giornate FAI di Primavera 2014

Dal sito del FAI:

"Sabato 22 e domenica 23 marzo 2014 avrà luogo la ventiduesima edizione delle Giornate FAI di Primavera, grande festa popolare che dalla sua prima edizione a oggi ha coinvolto oltre 7.000.000 italiani e che quest’anno vedrà l’apertura straordinaria di oltre 750 luoghi in tutte le regioni d’Italia, con visite straordinarie a contributo libero.

Un grande spettacolo di arte e bellezza dedicato a tutti coloro che hanno a cuore il patrimonio culturale e ambientale italiano, che avrà come protagonisti centinaia di siti particolari, spesso inaccessibili e che eccezionalmente potranno essere ammirati dal pubblico durante il weekend delle Giornate FAI di Primavera.

Quest'anno le Giornate FAI di Primavera sono dedicate all'imperatore Augusto nel secondo millenario della sua morte. Tra le 750 aperture in tutte le regioni d’Italia, 120 aperture racconteranno la sua storia.

Questo omaggio ad Augusto è a oggi l’unica manifestazione nazionale che avrà al centro l’opera di rifondazione dello stato imperiale nei suoi vari aspetti evitando di ridurre un uomo politico poliedrico a un mero mecenate dell’arte. Una dedica all’uomo che ha segnato una pausa nella vorticosa espansione dell’Impero Romano, pausa che gli ha consentito di ristrutturarlo e di farlo rinascere. E Roma è diventata una grande capitale, posta al centro del cuore dell’Impero. La storia non sempre si ripete, ma da essa possiamo trarre ispirazione per la rinascita del nostro Paese".






martedì 18 marzo 2014

Storia d'Italia - La Guerra sociale




Rilievo lapideo (cm 160 x 74) che raffigura due soldati impegnati in combattimento, assistiti da due inservienti. Notare che entrambi i combattenti portano un solo schiniere (ocrea) sulla gamba sinistra. Databile al I secolo a.C.


Già dal tempo dei Gracchi a Roma si avanzavano proposte d'estensione dei diritti di cittadinanza anche ad altri popoli italici fino ad allora federati ma senza successo. La speranza degli alleati italici era che a Roma prevalesse il partito di coloro che volevano concedere agli alleati italici la cittadinanza romana. Ma quando nel 91 a.C. il tribuno Marco Livio Druso, che stava preparando una proposta per concedere la cittadinanza agli alleati fu ucciso, ai più apparve chiaro che Roma non avrebbe concesso spontaneamente la cittadinanza. Fu l'inizio della guerra che dal 91 a.C. all'88 a.C. vide combattersi gli eserciti Romani e quelli italici. Gli ultimi a cedere le armi ai Romani, capeggiati tra gli altri da Silla e Gneo Pompeo Strabone, padre del futuro Pompeo Magno, furono i Sanniti. Gli italici si videro comunque riconosciuta la cittadinanza romana. All'epoca, comunque, l'Italia comprendeva solo la parte peninsulare; la parte transpadana formava la provincia della Gallia Cisalpina i cui abitanti non erano ancora cittadini romani. Nel dicembre del 49 a.C. Cesare concesse la cittadinanza romana agli abitanti della provincia e nel 42 a.C. venne abolita la provincia, facendo della Gallia Cisalpina parte integrante dell'Italia romana.

Con la concessione della cittadinanza, l'Italia peninsulare divenne ager romanus. Il territorio venne riorganizzato col sistema dei municipia e nelle comunità italiche venne avviato un grande processo di urbanizzazione che si sviluppò lungo tutto il I secolo a.C., poiché l'esercizio dei diritti civici richiedeva specifiche strutture urbane (foro, tempio alla triade capitolina, luogo di riunione per il senato locale). Tuttavia la cittadinanza romana e il diritto a votare erano limitate, come sempre nel mondo antico, dall'obbligo della presenza fisica nel giorno di voto. E per la gente di città lontane, in particolare per le classi meno abbienti, non era certo facile recarsi a Roma per votare nelle assemblee popolari. Così talvolta i candidati pagavano parte delle spese del viaggio per permettere ai loro sostenitori di partecipare al voto. Di fatto, comunque, a beneficiare della cittadinanza furono soprattutto le "borghesie" italiche, che conquistarono anche la possibilità di accedere alle magistrature.
16 - CONTINUA.

domenica 16 marzo 2014

Italia da scoprire - La Rocca di Olgisio

La Rocca d'Olgisio è un imponente complesso fortificato posto su di una rupe scoscesa a cavallo tra la val Tidone e la val Chiarone nel comune di Pianello Val Tidone, in provincia di Piacenza. È situato su un ripido crinale a 564 m s.l.m. di altezza che, pur non essendo in sé una gran altitudine, in questa zona appenninica di non elevati rilievi permette una vista panoramica sulla pianura Padana e le valli circostanti.

La tradizione vuole che il castello appartenesse all'inizio del V secolo a un nobile di nome Giovannato. Le prime notizie certe che ci sono pervenute risalgono al 1037 quando Giovanni (canonico nella cattedrale di Piacenza) cedette la proprietà ai monaci di San Savino, che la mantennero fino al 1296. Per un centinaio d'anni, periodo storicamente turbolento, si succedettero vari proprietari fino al 1378 quando Galeazzo Visconti assegnò la rocca e il feudo a Jacopo Dal Verme, famoso capitano di ventura di origine veronese. I Dal Verme la mantennero, con vari periodi di interruzione, fino all'estinzione della famiglia nel XIX secolo. Con vari passaggi di mano, durante i quali venne completamente depredata degli arredi, arrivò nel 1979 alla famiglia Bengalli che ha provveduto alla ristrutturazione e al ripristino dell'antico splendore.

Durante la Seconda guerra mondiale fu sede del comando della II divisione partigiana di Piacenza e per questo motivo venne fatta oggetto di tiri di artiglieria e attacchi da parte delle truppe tedesche presenti nella zona.

Tre cinte murarie, di cui l'ultima costruita nell'Ottocento, circondano il complesso di fabbricati di epoche diverse a cui si accede attraverso due ingressi. Sullo stipite del portone che permette l'ingresso dalla terza cinta muraria nel cortile è scolpito il motto Arx impavida (fortezza impavida ovvero fortezza che nulla teme), questo accesso era dotato fino all'inizio dell'Ottocento di ponte levatoio e protetto da un'inferriata a saracinesca. All'interno del cortile è situato il pozzo, profondo una cinquantina di metri su cui insistono leggende di passaggi segreti e vie di fuga dal castello. Nel complesso, che è molto articolato, possiamo vedere: l'oratorio, la torre della campana, il mastio con saloni affrescati e un loggiato di vedetta cinquecentesco.

All'esterno, poco oltre le cinte di mura, vi sono alcune grotte che ospitavano una necropoli preistorica, sono legate ad avvenimenti leggendari e sacri: la grotta delle sante (Faustina e Liberata), dei coscritti e del cipresso.

La rocca fa parte del circuito dei Castelli del ducato di Parma e Piacenza ed è visitabile da aprile a ottobre nei giorni festivi, in altre date è aperta per visite guidate su prenotazione. Il castello è raggiungibile in auto da nord, attraverso una strada asfaltata, o da sud, a piedi, dalla frazione Chiarone, (sentiero 209, dislivello 250m) passando da boschi e calanchi. Tra la flora nativa si trovano i fichi d'india nani (Opuntia compressa).


La Rocca d'Olgisio


giovedì 13 marzo 2014

Storia d'Italia - L'espansione della Repubblica

Tiberio e Sempronio Gracco


Le nuove conquiste, tuttavia, portarono anche notevoli cambiamenti nella società romana: i contatti con la cultura ellenistica, temuta e osteggiata da Marco Porcio Catone detto il Censore, modificarono profondamente gli usi che fino ad allora si rifacevano al mos maiorum, trasformando radicalmente la società dell'Urbe. L'introduzione di usanze e conoscenze provenienti dall'Oriente (filosofia, retorica, letteratura, scienza greca) fece sì effettivamente che il livello culturale dei Romani, almeno dei patrizi, crescesse significativamente, ma generò altresì una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi e abitudini moralmente discutibili, che non poté non provocare l'opposizione da parte degli ambienti più conservatori, capeggiati da Catone il Censore, i quali si scagliarono contro le culture extra-romane, tacciate di corruzione dei costumi, e lottarono contro l'ellenizzazione dei costumi a favore del ripristino del mos maiorum, i valori che, secondo Catone, avevano reso grande Roma.

I problemi connessi ad un'espansione così grande e repentina che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di vario genere: le istituzioni romane, fino ad allora concepite per amministrare un piccolo Stato, non erano adatte per amministrare uno Stato che si estendeva dall'Hispania, all'Africa, alla Grecia, all'Asia. Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immettendo sul mercato una quantità enorme di schiavi, usualmente impiegati nelle aziende agricole dei patrizi romani, portarono a ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano: infatti la crisi della piccola proprietà terriera, provocata dalla maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente producevano praticamente a costo zero), determinò da una parte la concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani e una grande quantità di merci a buon mercato, dall'altra generò la nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano. Parecchie famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono nell'urbe, dove non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi dando origine a pericolose tensioni sociali abilmente sfruttate dai politici più scaltri.

A tentare una riforma che ponesse un rimedio alla crisi furono per primi i fratelli Gracchi, ovvero Tiberio e Gaio Sempronio Gracco, il cui progetto di riforma prevedeva la limitazione dell'occupazione delle terre dello Stato a 125 ettari e la riassegnazione delle terre eccedenti ai contadini in rovina, oltre alla limitazione delle terre che le famiglie nobili potevano possedere a non più di 1000 ettari; i terreni confiscati furono distribuiti in modo che ogni famiglia della plebe contadina avesse 30 iugeri (7,5 ettari). Un tale piano di riforma trovò però l'opposizione dei ceti aristocratici, i cui interessi furono duramente colpiti, che impedirono l'attuazione della riforma assassinando i due fratelli. 15 . CONTINUA


domenica 9 marzo 2014

Tempo di Quaresima

La quaresima è uno dei tempi forti che la Chiesa cattolica e altre chiese cristiane celebrano lungo l'anno liturgico. È il periodo di quaranta giorni che precede la celebrazione della Pasqua; secondo il rito romano inizia il mercoledì delle Ceneri e si conclude il Giovedì Santo, mentre secondo il rito ambrosiano parte dalla domenica successiva al Martedì Grasso fino alla Veglia Pasquale. Tale periodo è caratterizzato dall'invito alla conversione a Dio. Sono pratiche tipiche della quaresima il digiuno ecclesiastico e altre forme di penitenza, la preghiera più intensa e la pratica della carità. È un cammino di preparazione a celebrare la Pasqua, che è il culmine delle festività cristiane.

Ricorda i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo nel Giordano e prima del suo ministero pubblico. È anche il periodo in cui i catecumeni vivono l'ultima preparazione al loro battesimo.

Si dice abitualmente che la durata della quaresima è di quaranta giorni: in realtà il calcolo esatto arriva (nel rito romano) a quarantaquattro giorni. Alla fine del IV secolo, e ancora oggi nel rito ambrosiano, la quaresima iniziava di domenica (1º giorno), durava cinque settimane complete (5x7=35 giorni) e si concludeva il giovedì della settimana santa (altri cinque giorni), per un totale di quaranta giorni esatti. Poi alla fine del V secolo l'inizio venne anticipato al mercoledì precedente la prima domenica (altri quattro giorni), e furono inclusi il Venerdì Santo e il Sabato Santo nel computo della quaresima: in tutto quarantasei giorni. Ciò era dovuto all'esigenza di computare esattamente quaranta giorni di digiuno ecclesiastico prima della Pasqua, dato che nelle sei domeniche di quaresima non era (e non è) consentito digiunare. Con la riforma del Concilio Vaticano II il Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo ha riacquistato una sua autonomia liturgica, e il tempo di quaresima termina nel rito romano con l'Ora Nona del Giovedì Santo. Per questo oggi la quaresima dura dal Mercoledì delle Ceneri fino al giovedì santo, per un totale di quarantaquattro giorni; i giorni di penitenza prima della Pasqua restano però ancora 40. Per il rito Ambrosiano la quaresima inizia la domenica dopo il Mercoledì delle Ceneri romano e termina anch'essa con l'Ora Nona del Giovedì Santo per un totale di quaranta giorni esatti, a ricordo dei giorni di digiuno di Gesù nel deserto. Nella determinazione della durata ebbe grande peso il numero quaranta che ricorre nell'Antico Testamento molte volte.

La durata della quaresima richiama numerosi eventi dell'Antico Testamento:

i quaranta giorni del diluvio universale
i quaranta giorni passati da Mosè sul monte Sinai
i quaranta giorni che impiegarono gli esploratori ebrei per esplorare la terra in cui sarebbero entrati
i quaranta giorni camminati dal profeta Elia per giungere al monte Oreb
i quaranta giorni di tempo che, nella predicazione di Giona, Dio dà a Ninive prima di distruggerla.
Anche Nel Nuovo Testamento è possibile trovare simili analogie, in particolare:
i quaranta giorni che Gesù passò digiunando nel deserto
i quaranta giorni in cui Gesù ammaestrò i suoi discepoli tra la resurrezione e l'Ascensione.
Un altro riferimento significativo è rappresentato dai "quaranta anni" trascorsi da Israele nel deserto.
Il carattere originario della quaresima fu riposto nella penitenza di tutta la comunità cristiana e dei singoli, protratta per quaranta giorni.

Al di là del simbolismo quaresimale, come ha scritto Don Massimo Camisasca: "La Quaresima ci invita a lasciare l’immagine che noi abbiamo di noi stessi per incontrare Dio e poter trovare, in lui, il nostro io. È lui che ci spalanca alle dimensioni vere della nostra personalità. È lui che ci insegna cosa sia il bene per la nostra vita e quali siano le strade per raggiungerlo. Certo, in questo passaggio noi abbiamo l’impressione di morire. Un’infinità di volte abbiamo trovato commentata da don Giussani questa esperienza della mortificazione come sembianza di morte. Sembra di dover lasciare tutto.

Il sacrificio è lasciare spazio all’Altro. Lasciare che l’Altro prenda spazio nella mia vita, entri nella mia vita a poco a poco fino ad occuparla tutta, fino a diventare il mio io: Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me (Gal 2,20). Il sacrificio è lasciare spazio a Cristo. È la Pasqua, il passaggio dall’apparente al reale, dal demonio a Dio, dall’io come significato di tutto a Dio come significato di tutto.

Lo scopo della Quaresima non è la mortificazione, ma che ciascuno trovi se stesso: chi si perde, si trova. Il sacrificio è la strada necessaria alla nostra natura, incline al male e alla divisione, per poter ritrovare la sua identità.

Ma non si tratta di un passaggio improvviso. Implica molto tempo. Il significato comune di sacrificio, per nulla banale, è quello di sofferenza. Perché percepiamo queste due parole come fortemente legate? Perché fare un sacrificio ci fa soffrire? Perché comporta un cambiamento. È un sacrificio, perché è il passaggio ad un bene più grande in cui ancora non avvertiamo pienamente la luce. Ma Dio ci guida e ci riempie di consolazione". (http://www.sancarlo.org/it/?p=2521).




mercoledì 5 marzo 2014

Il Carnevale di Ivrea

Lo Storico Carnevale di Ivrea è una manifestazione carnevalesca istituzionalizzata nel 1808 sulla base di antiche feste rionali e che da allora si svolge pressoché ininterrottamente nell'omonima città piemontese.

In relazione alla sua tradizione e agli accadimenti celebrati nel corso della festa, mescolando riferimenti all'esercito napoleonico e alle rivolte popolari che ebbero luogo nel Canavese in epoca medievale, la sua denominazione ufficiale è quella di "Storico Carnevale di Ivrea".

Il carnevale di Ivrea si caratterizza soprattutto per il complesso cerimoniale folcloristico denso di evocazioni storico-leggendarie, per l'obbligo imposto a tutti i partecipanti di indossare una berretta rossa, e per la spettacolare "Battaglia delle arance" che è divenuta l'icona stessa del carnevale.

Nei tre giorni di carnevale, lungo le vie cittadine, si svolge la tradizionale sfilata alla quale partecipano carri, gruppi folcloristici e bande musicali provenienti, su invito, anche da altre regioni italiane o da altri paesi europei. Ogni anno dunque il carnevale presenta elementi di novità, ma la tradizione rimane ben ancorata a due elementi: la sfilata del corteo storico e la battaglia delle arance.

Per informazione sugli eventi previsti potete visitare il sito: http://www.storicocarnevaleivrea.it/


La battaglia delle arance

martedì 4 marzo 2014

Il Carnevale di Viareggio

Il carnevale di Viareggio è considerato uno dei più importanti carnevali d'Italia e d'Europa.

I carri, che sono i più grandi e movimentati del mondo, sfilano lungo la passeggiata a mare viareggina. Il Carnevale di Viareggio non è solo la più spettacolare festa italiana, ma rappresenta le capacità artistiche ed organizzative degli italiani nel mondo. La Terza sfilata dell'edizione 2011 ha battuto ogni Record, erano infatti più di 325.000 le persone ad applaudire i carri di cartapesta che hanno sfilato lungo la passeggiata a mare viareggina.

La tradizione della sfilata di carri a Viareggio risale al 1873, quando alcuni ricchi borghesi decisero di mascherarsi per protestare contro le troppe tasse che erano costretti a pagare. Da allora ogni anno questa sfilata permette di eliminare il malcontento di tanta gente e, alla fine del secolo, comparvero i carri trionfali in stucco, tela materiali pesanti, poi sostituiti successivamente dalla carta pesta modellata, per trovare la massima raffinatezza negli anni 30' del 900 con la carta a calco.

La prima guerra mondiale sembra distruggere il Carnevale a Viareggio, che invece si dimostrò più splendido e grandioso. La pausa bellica durò 6 anni. La manifestazione riprese nel 1921 e i carri sfilarono su due meravigliosi viali a mare. Nel 1971 si svolse il primo carnevale rionale della Darsena. Nel corso del terzo millennio si prevedono grandi novità con i carri di cartapesta che si arricchiscono di nuove tecnologie per creare sempre più complessi movimenti ed effetti scenografici.

Un evento da vedere una volta nella vita!




lunedì 3 marzo 2014

Il Carnevale di Venezia

Le sue origini sono antichissime: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta.

L'istituzione del Carnevale da parte delle oligarchie veneziane è generalmente attribuita alla necessità della Serenissima, al pari di quanto già avveniva nell'antica Roma (vedi panem et circenses), di concedere alla popolazione, e soprattutto ai ceti sociali più umili, un periodo dedicato interamente al divertimento e ai festeggiamenti, durante il quale i veneziani e i forestieri si riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati.

Attraverso l'anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell'aristocrazia. Evidentemente tali concessioni erano largamente tollerate e considerate un provvidenziale sfogo alle tensioni e ai malumori che si creavano inevitabilmente all'interno della Repubblica di Venezia, che poneva rigidi limiti su questioni come la morale comune e l'ordine pubblico dei suoi cittadini.

In un'edizione del Carnevale verso la metà del Cinquecento, tra le varie manifestazioni e spettacoli organizzati in città, fu realizzato un evento straordinario che fece molto scalpore: un giovane acrobata turco riuscì, con il solo ausilio di un bilanciere, ad arrivare alla cella campanaria del campanile di San Marco camminando, nel frastuono della folla sottostante in delirio, sopra una lunghissima corda che partiva da una barca ancorata sul molo della Piazzetta. Nella discesa, invece, raggiunse la balconata del Palazzo Ducale, porgendo gli omaggi al Doge.

Dopo il successo di questa spettacolare impresa, subito denominata Svolo del turco, l'evento, che solitamente si svolgeva il Giovedì Grasso, fu richiesto e programmato come cerimonia ufficiale anche per le successive edizioni, con tecniche simili e con forme che con gli anni subirono numerose varianti.

Per molti anni lo spettacolo, mantenendo lo stesso nome, vide esibirsi solo funamboli di professione, finché non si cimentarono nell'impresa anche giovani veneziani, dando prova di abilità e coraggio con varie spericolatezze e variazioni sul tema.

Quando queste variazioni portarono a prevedere, per lunghi anni di seguito, un uomo dotato di ali ed appeso con degli anelli alla corda, issato e fatto scendere a gran velocità lungo la fune, si coniò il nuovo termine di Volo dell'Angelo. Il prescelto, al termine della discesa nel loggione di Palazzo Ducale, riceveva sempre dalle mani del Doge dei doni o delle somme in denaro. Vi furono alcune edizioni che videro gli acrobati utilizzare per i loro spettacoli degli animali, barche e varie altre figure, oltre a rendere l'impresa sempre più difficile con ardite evoluzioni e anche svoli collettivi.

Nel 1759, l'esibizione finì in tragedia: ad un certo punto, l'acrobata si schiantò al suolo tra la folla inorridita. Probabilmente a causa di questo grave incidente, l'evento, svolto con queste modalità, fu vietato. Da questo momento il programma si svolse sostituendo l'acrobata con una grande colomba di legno che nel suo tragitto, partendo sempre dal campanile, liberava sulla folla fiori e coriandoli. Dalla prima di queste edizioni, il nome di Volo dell'Angelo divenne quindi Volo della Colombina.

Tale evento, come la maggior parte delle altre ricorrenze e spettacoli, con la fine della storia millenaria della Serenissima si interruppe per un lungo periodo. Riprese solo nel 2001.





sabato 1 marzo 2014

Il Carnevale

Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cristiana. I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l'uso del mascheramento.

La parola carnevale deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne") poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

Il Carnevale in Italia.

Il Carnevale di Venezia, il Carnevale di Viareggio, lo Storico Carnevale di Ivrea, il Carnevale di Cento, il Carnevale di Satriano, Carnevale di Acireale, il Carnevale di Sciacca, il Carnevale di Fano, il Carnevale di Manfredonia, il Carnevale di Putignano, il Carnevale di Striano sono considerati tra i più importanti al mondo. La loro fama, difatti, travalica i confini nazionali e sono in grado di attrarre turisti sia dall'Italia che dall'estero. Il Carnevale più lungo d'Italia è il Carnevale di Putignano, il più importante carnevale pugliese assieme al Carnevale di Manfredonia.

Uno dei carnevali più antichi d'Italia arrivato ai giorni nostri è il Carnevale di Verona, risalente al tardo Medioevo e il cui nome originale è Bacanàl del Gnoco.

Il Carnevale di Venezia è conosciuto per la bellezza dei costumi, lo sfarzo dei festeggiamenti nella magica atmosfera della Laguna e consta di diversi giorni fitti di manifestazioni di svariato tipo: mostre d'arte, sfilate di moda, spettacoli teatrali ecc.

Il Carnevale di Viareggio ha origine nel 1873 ed è uno dei più importanti e maggiormente apprezzati carnevali a livello internazionale. A caratterizzarlo sono i carri allegorici più o meno grandi che sfilano nelle domeniche fra gennaio e febbraio e sui quali troneggiano enormi caricature in cartapesta di uomini famosi nel campo della politica, della cultura o dello spettacolo, i cui tratti caratteristici, specialmente quelli somatici, vengono sottolineati con satira e ironia.

Lo Storico Carnevale di Ivrea, famoso per il suo momento culminante della Battaglia delle Arance, è invece considerato uno tra i più antichi e particolari al mondo, seguendo un cerimoniale più volte modificatosi nel corso dei secoli. L'intero carnevale ha il pregio di rappresentare, sotto forma di allegoria, la rivolta dei cittadini per la libertà dal tiranno della città, probabilmente Ranieri di Biandrate, ucciso dalla Mugnaia su cui si apprestava a esercitare lo jus primae noctis. Fu quell'evento a innescare la guerra civile rappresentata dalla battaglia tra il popolo e le truppe reali che viene rievocata durante il carnevale, dove le squadre di Aranceri a piedi (ossia il popolo) difendono le loro piazze dagli aranceri su carri (ossia l'esercito) a colpi di arance a rappresentare le frecce, mentre tra le vie della città sfila il corteo della Mugnaia che lancia dolci e regali alla popolazione. Anche il Carnevale di Acireale, di antichissime origini, prevedeva la lotta delle arance che fu però vietata dalla Corte criminale nel lontano 1612 a causa dei gravi incidenti che si provocavano.

Il Carnevale di Manfredonia è uno dei più importanti d'Italia ed è con il Carnevale di Putignano il principale della regione Puglia. Vero fiore all'occhiello del carnevale manfredoniano è la "Sfilata delle meraviglie" che vede sfilare per le vie della città pugliese migliaia di bambini delle scuole materne ed elementari di Manfredonia. Il Carnevale nacque nel 1952 ed è riconosciuto dalla Regione Puglia come manifestazione di interesse regionale. È associato alla Federazione europea delle città del carnevale. Per due volte è stato inserito tra le manifestazioni abbinate alla Lotteria Nazionale.

Dove si osserva il rito ambrosiano, ovvero nella maggior parte delle chiese dell'arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, il Carnevale finisce con la prima domenica di Quaresima; l'ultimo giorno di carnevale è il sabato, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano.

La tradizione vuole che il vescovo sant'Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della Quaresima in città. La popolazione di Milano lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo, posticipando il rito delle Ceneri che nell'arcidiocesi milanese si svolge la prima domenica di Quaresima.

In realtà la differenza è dovuta al fatto che anticamente la Quaresima iniziava dappertutto di domenica, i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla domenica successiva furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano mai stati giorni di digiuno.

Questo carnevale, presente con diverse tradizioni anche in altre parti dell'Italia, prende il nome di carnevalone.