sabato 7 febbraio 2015

I Comuni e il Regno di Sicilia (1100-1250)

Ambrogio Lorenzetti - Allegoria del Buon Governo


A causa dell'assenza del potere imperiale, già a metà dell'XI secolo le famiglie più potenti delle città italiane del nord e del centro estromisero i conti e i vescovi dall'esercizio del potere. Esse si riunivano in associazioni - communes - che governavano su ogni aspetto della vita pubblica cittadina usurpando prerogative dell'Imperatore. Il potere esecutivo era detenuto da magistrati detti consoli, scelti tra l'aristocrazia, il ceto più preminente. Ad essi si affiancavano delle assemblee ("consigli"). Per porre fine alle continue lotte interne, fu però necessario introdurre una nuova carica esecutiva, il podestà, scelto tra i forestieri affinché fosse un arbitro imparziale. Da ricordare fra queste città le repubbliche marinare, dedite ai commerci: Amalfi, Genova, Pisa, Venezia (le più note) e Ragusa, Gaeta, Ancona, Noli.

La crescente emancipazione dei comuni fu agevolata dalla debolezza dell'Impero, provocata dalle lotte per il trono imperiale tra le dinastie dei Welfen e Hohenstaufen, noti in Italia come Guelfi e Ghibellini. Questi ultimi erano fautori della totale indipendenza del potere imperiale dal papa, mentre i guelfi erano più possibilisti. Le lotte per il potere terminarono solo con l'ascesa dell'Imperatore Federico I Barbarossa (1155-1190), il quale combatté energicamente contro papato, feudatari e comuni per ripristinare su di essi la propria autorità: in ambito ecclesiastico oppose a Papa Alessandro III (1159-1181) un antipapa (e il Pontefice reagì scomunicandolo) mentre per contrastare l'autonomia dei comuni li attaccò, distruggendo Milano nel 1162. I comuni reagirono formando la Lega Lombarda, e grazie alla loro unione sconfissero l'Imperatore nella battaglia di Legnano (1176) costringendolo con la pace di Costanza (1183) a riconoscere l'autonomia delle municipalità italiane. Grazie a questo storico scontro, Legnano è l'unica città, oltre a Roma, a essere citata nell'inno nazionale italiano.

Contemporaneamente al sud si andava formando il Regno di Sicilia. I Normanni, popolo di avventurieri provenienti dalla Normandia, arrivarono nell'XI secolo nel sud Italia. Nel 1059 papa Niccolò II riconobbe i territori normanni e nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e di Sicilia, nonostante l'isola fosse allora ancora sotto il controllo degli Arabi. Tra il 1061 e il 1091 Ruggero d'Altavilla, fratello di Roberto, strappò la Sicilia agli Arabi. Nel 1071, infine, gli ultimi baluardi bizantini, Brindisi e Bari, caddero in mano normanna. Nel 1113 Ruggero II riuscì a riunire nelle sue mani tutti i possedimenti normanni creando uno Stato fortemente accentrato simile per molti versi ai moderni stati nazionali. Nel 1130 nacque il Regno di Sicilia, per volontà dell'antipapa Anacleto II espressa al concilio di Melfi.

Il potere dei Normanni nell'Italia meridionale ebbe termine tra il 1194 (morte di Tancredi di Lecce) e il 1198, quando Enrico VI di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero (morto nel 1197), in virtù del suo matrimonio con Costanza d'Altavilla (morta nel 1198), unì alla corona imperiale quella di re di Sicilia. Il regno subì una svolta accentratrice sotto la direzione di Federico II (1211-1250), il quale fu scomunicato tre volte, partecipò alla sesta crociata (da lui stessa indetta e a lungo rimandata), conquistò Gerusalemme senza spargimenti di sangue ma attraverso trattative con il sultano d'Egitto al-Malik al-Kamil, e infine tentò nuovamente di estendere la sua egemonia sui comuni dell'Italia del nord, in una lunga guerra senza successo. In questo periodo si affacciano nel panorama religioso varie eresie, che infine vengono controllate dall'istituzione del tribunale dell'Inquisizione.

Nello stesso tempo in Sardegna nascono e muoiono regni, comuni e signorie, ciascuno con una differente storia e cultura, ma tutti ben inseriti nel contesto internazionale del Medioevo, con regnanti che parteciparono alle crociate, che presero parte alla lotta tra impero e papato e che furono fautori del monachesimo.

31 CONTINUA.

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