giovedì 23 luglio 2015

Consorzio di tutela Prosciutto di Norcia



Quest'oggi parliamo del Prosciutto di Norcia.

Una storia antichissima, fatta di abilità manuali e di vocazioni artigianali, di tradizioni tramandate da secoli e ormai insite nell’anima del luogo.

Sul perché la specializzazione nella lavorazione delle carni suine si sia sviluppata proprio nei paesi dell’alta Valnerina gravitanti intorno a Norcia in molti si sono interrogati. L’allevamento del maiale a carattere non intensivo era assai diffuso nell’area montana e collinare umbra sin dall’epoca romana, grazie alla presenza di boschi ed in particolare di querceti, dove gli animali trovavano naturalmente ciò di cui alimentarsi. La macellazione dei suini svolta nella dimensione domestica e rivolta all’autoconsumo familiare è tra l’altro una pratica tipica delle comunità contadine presenti in tutte le zone rurali della penisola italiana. La specializzazione nella lavorazione della carne suina e la manifattura di salumi, in particolare, cominciò a manifestarsi nell’alta Valnerina in forma spontanea sin dal XIII secolo: il fenomeno sembra in qualche modo connesso alla scuola chirurgica di Preci, sorta nel XIII secolo in quel piccolo centro dell’alta Valnerina, poco distante da Norcia, come pratica empirica per la litotomia (rimozione di uno o più calcoli, normalmente vescicali) e la cura delle cataratte oculari e divenuta nota e famosa in tutta Europa nel corso del Cinquecento e del Seicento. Sull’onda di tale specializzazione, la Valnerina si distinse presto come luogo in cui la pratica medica e chirurgica nonché le discipline igieniche e sanitarie in generale – trasferite dall’uomo all’animale e viceversa - trovavano naturale esercizio e applicazione. 

Il fenomeno della lavorazione delle carni suine rimase per secoli circoscritto alla dimensione familiare ed artigianale, andando tuttavia a costituire un know how preciso ed esportabile, che difatti diede luogo – se ne ha testimonianza sin dal XV secolo - alla migrazione stagionale di forza lavoro nelle principali città del Centro Italia ed alla costituzione di laboratori di norcineria con annessa bottega. 

Papa Paolo V, con bolla del 1615, riconobbe addirittura la Confraternita norcina dedicata ai santi Benedetto e Scolastica. Otto anni più tardi papa Gregorio XV elevò questa associazione ad Arciconfraternita.

Nel corso del XX secolo vennero emergendo in loco alcuni produttori che, pur tramandando le antiche pratiche artigianali, tentarono il salto dimensionale verso la piccola industria, oggi rappresentativa della secolare tradizione norcina umbra. 

Di quest’ultima, il prosciutto di Norcia è il prodotto di punta: nel 1997 ha ricevuto l’indicazione geografica protetta dalla commissione della Comunità Europea, con disciplinare di produzione modificato nel 2008. La lavorazione prevede che il coscio di suino pesante adulto, dopo esser stato rifilato, venga salato per due volte a secco con sale marino e lasciato così per circa 15-20 giorni.

Trascorsi il periodo di salagione il prosciutto viene fatto riposare per circa 3 mesi, al termine di tale periodo, il prosciutto viene lavato in acqua tiepida, e appeso per ulteriori 3 mesi per farlo asciugare. 

Dopo circa 6 mesi, si procede alla stagionatura del prodotto: viene trattato con un impasto di sugna (grasso, farina sale e pepe), poi il prosciutto viene conservato in luoghi appositamente adibiti. Raggiunti i 12 mesi viene effettuata la marchiatura I.G.P. a fuoco dei prosciutti idonei, viene rinnovato l’impasto di sugna e nuovamente lasciato a stagionare. 

La commercializzazione del prosciutto tipico IGP di Norcia avviene dopo i 12 mesi di stagionatura. 

La giusta valorizzazione della tradizione produttiva del prosciutto di Norcia può partire dalla sua storia per far emergere qualità uniche quali un processo di lavorazione e stagionatura raffinato, un sapore non salato ma saporito, un aspetto magro ed invitante e caratteristiche nutritive d’eccezione.

Per maggiori informazioni su questo delizioso prodotto: 

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