Il complesso monumentale di Galliano comprende la basilica di San Vincenzo e il battistero di San Giovanni Battista situati in cima ad un colle presente nell'area urbana di Cantù.
Si tratta di uno dei più noti monumenti dell'arte romanica lombarda anche se appartiene al periodo altomedioevale. L'edificio, datato 1007, si pone come una delle prime testimonianze organiche del formarsi del nuovo stile romanico.
Gli scavi archeologici condotti in questi luoghi hanno portato alla luce diverse testimonianze romane divenute frequenti dopo il 196 a.C., anno in cui Marco Claudio Marcello conquistò Como. A partire dalla metà del V secolo alle are ed alle iscrizioni che documentavano il culto di Giove, di Minerva, della Triade Capitolina e di alcune divinità locali, si sostituirono le prime epigrafi di cristiani.
Il borgo venne investito dal grande sforzo di evangelizzazione della Lombardia, voluto da Ambrogio, vescovo di Milano dal 374 al 397. Il momento di svolta per l'evangelizzazione delle regioni prealpine avvenne nel 386, quando Ambrogio inviò nel municipium di Como Felice, consacrandolo primo vescovo della diocesi di Como. A seguito di tali iniziative, nacque una comunità anche a Galliano, che edificò, a partire dal V secolo, una prima basilica paleocristiana ad aula unica, che serviva da pieve di Cantù
Tra il V e il VI secolo esisteva, quindi, un edificio sacro dedicato a san Vincenzo di Saragozza con annesso forse un battistero. Da queste costruzioni proviene anche il pavimento a piastrelle geometriche di marmo bianco e nero, riutilizzato nel presbiterio sopraelevato della Basilica e nel Battistero, ancora esistente sotto il pavimento in cotto.
Nel X secolo si iniziò a ricostruire la Chiesa: a questo periodo risalgono le navate su cui Ariberto da Intimiano, intorno al 1000, fece innestare l'abside e la cripta. La Basilica fu riconsacrata da Ariberto, allora suddiacono e "custode" del sacro edificio (probabilmente ne era il proprietario per tradizione familiare). Una riprova sarebbero le epigrafi graffite sotto gli affreschi dell'abside che ricordano la morte del padre, del fratello e del nipote. Divenuta chiesa pievana e sede del Capitolo dei Canonici, per alcuni secoli la Basilica di S. Vincenzo godette particolare affetto tra i Canturini che donarono terreni ed altre proprietà: il lascito più antico risale al 1284.
Nel 1584 il Capitolo ed il Prevosto si trasferirono presso la chiesa di San Paolo, dopo che San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1560 al 1584, trovò la Basilica e le case canonicali in condizioni di semiabbandono. In seguito il cardinale Federico Borromeo, durante la visita pastorale del 1616, prescrisse alcuni restauri per preservare la chiesa dalla rovina, ma le sue richieste non furono esaudite. Dalla metà del Settecento la basilica abbandonata divenne un magazzino agricolo e, a causa di un incendio, perse la navatella di destra. Dopo la vendita della proprietà al milanese signor Manara, riacquistò l'aspetto di chiesa. All'interno si possono ammirare, nell'abside e sull'altare, gli affreschi che raccontano il martirio di San Vincenzo. Nel 1801, durante la dominazione francese, il complesso architettonico fu venduto a privati dopo che la commissione artistica, formata dal pittore Andrea Appiani, dall'architetto e decoratore G. Albertolli e dallo storico L. Bossi, giudicò la Basilica di "niun riguardo". Trasformata in casa colonica la chiesa subì la perdita della navatella meridionale, della torre campanaria e, parzialmente, degli affreschi distrutti o deturpati dalla calce.
Il 2 luglio 2007 è stata celebrata la ricorrenza dei mille anni dalla fondazione della Basilica di San Vincenzo in Galliano.
Basilica di Galliano |
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