Don Luigi Sturzo nasce a Caltagirone il 26 novembre 1871, morirà a Roma il giorno 8 agosto 1959. E' stato un sacerdote e politico italiano.
Fin da piccolo fu debole di costituzione fisica e quindi fu costretto a rimanere a casa, con le tenerissime cure dei genitori. Siccome non poté andare a scuola, andò al seminario di Acireale, dove soggiornò dal 1883 al 1886. Nel 1888 Luigi Sturzo andò al seminario di Caltagirone e fu un discepolo eletto e prediletto, il migliore, e qui si diplomò nello stesso anno del suo ingresso.
Il 19 maggio del 1894 fu ordinato sacerdote alla chiesa del Santissimo Salvatore dal vescovo di Caltagirone Saverio Gerbino e nel 1896 alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ottenne la laurea in teologia.
Nel 1897 istituì a Caltagirone una Cassa Rurale dedicata a San Giacomo e una mutua cooperativa, che diede fastidio ai liberali conservatori e fondò anche il giornale di orientamento politico-sociale La croce di Costantino.
Oltre ai consensi il giornale suscitò le ire dei massoni a causa del metodo rettilineo e coraggioso che usava Luigi Sturzo per ottenere i consensi, quindi il 20 settembre 1897 bruciarono una copia del giornale, nella piazza principale di Caltagirone. Con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie di Bava Beccaris, gli stati d'assedio nelle principali città, il processo a Davide Albertario, si comincia a delineare l'impossibilità della convivenza all'interno dell'Opera dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani.
Il mantenimento dell'unità dei cattolici, voluta da papa Leone XIII, diventava sempre più arduo. Il sacerdote di Caltagirone tentò invano di introdurre nell'Opera una riflessione sui problemi dell'Italia Meridionale, che aveva sempre più approfondito nell'esperienza diretta del mondo contadino negli anni della crisi agraria. Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la 'forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime'; la lotta 'rovinosa' che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l'indebitamento, l'impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria".
Luigi Sturzo nel 1900 fu visto tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana, ma in realtà aveva pure rifiutato la tessera del partito, guidato da Romolo Murri e nello stesso anno, essendosi scatenata in Cina la Ribellione dei Boxer, che volevano la cacciata degli stranieri dalla Cina, Sturzo presentò formale domanda al vescovo per partire missionario in quelle terre lontane, ma il vescovo, date le sue precarie condizioni di salute, gli negò il suo consenso e Sturzo ubbidì. Verso i primi anni del Novecento Luigi Sturzo divenne il collaboratore del quotidiano cattolico Il Sole del Mezzogiorno e nel 1902 guidò i cattolici di Caltagirone alle elezioni amministrative.
Nel 1905 verrà nominato consigliere provinciale della Provincia di Catania. Sempre nel 1905, alla vigilia di Natale, pronunciò il discorso di Caltagirone su “I problemi della vita nazionale dei cattolici”, superando il “non expedit”. Nello stesso anno venne eletto pro-sindaco di Caltagirone (mantenne la carica fino al 1920). Nel 1912 divenne vicepresidente dell'Associazione Nazionale Comuni d'Italia.
Nel 1915, essendo stato molto attivo nell'Azione Cattolica Italiana, divenne il Segretario generale della Giunta Centrale del movimento.
Nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano (del quale divenne segretario politico fino al 1923) e il 18 gennaio 1919 si compie ciò che a molti è apparso l'evento politico più significativo dall'unità d'Italia: dall'albergo Santa Chiara di Roma, don Sturzo lancia "l'Appello ai Liberi e Forti", carta istitutiva del Partito Popolare Italiano:
« A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà »
Nello stesso anno, infine esce a Roma Il Popolo Nuovo, organo settimanale del neonato partito. Don Sturzo rende il Partito Popolare Italiano una formazione molto influente nella politica italiana e un suo voto impedisce a Giovanni Giolitti di assumere il potere nel 1922, permettendo così l'insediamento di Luigi Facta.
Al Congresso di Torino del Partito Popolare (12-14 aprile 1923), Luigi Sturzo, sostenuto dalla sinistra di Francesco Luigi Ferrari e di Luigi e Girolamo Meda, fece prevalere la tesi dell'incompatibilità fra la concezione "popolare" dello stato ed il fascismo totalitario, con la conseguente uscita dei ministri cattolici dal governo Mussolini.
Nel partito rimasero in contrasto le due anime, la sinistra contraria ad ogni accordo con il governo e la destra favorevole alla collaborazione. Alla fine le due correnti del partito si accordarono per un'ambigua condotta ("né opposizione, né collaborazione"), linea che durò solo una settimana, visto che alcuni esponenti popolari uscirono dal governo per fare opposizione, mentre la corrente di destra intendeva rimanere al governo e collaborare.
La posizione dei popolari decisa al congresso provocò l'immediata reazione di Mussolini, che, appoggiato dalla piccola corrente di popolari di destra, il 17 aprile convocò la rappresentanza al governo del PPI per ottenere chiarimenti, dando anche inizio ad una dura campagna contro il "sinistro prete". Inoltre Mussolini, presentando Sturzo come un ostacolo alla soluzione della questione romana, fece in modo che Sturzo perdesse anche l'appoggio delle gerarchie vaticane. Alla fine di questa campagna il prete di Caltagirone il 10 luglio fu costretto a dimettersi dalla segreteria del partito.
Tutta l'attività politica di Sturzo è fondata su una questione centrale: dare voce in politica ai cattolici. Sturzo si impegna per dare un'alternativa cattolica e sociale al movimento socialista. Per Sturzo i cattolici si devono impegnare in politica, tuttavia tra politica e Chiesa deve esserci assoluta autonomia. La politica, essendo complessa, può essere mossa da princìpi cristiani, ma non si deve tornare alla vecchia rigidità e all'eccessivo schematismo del passato. Il Cristianesimo è, insomma, la principale fonte di ispirazione, ma non l'unica.
La società deve saper riconoscere le aspirazioni di ogni singolo individuo: “la base del fatto sociale è da ricercarsi nell'individuo” e l'individuo viene prima della società; la società è socialità: si fonda, cioè, su libere e coscienti attività relazionali. Sturzo è contrario ad una società immobile ed il movimento è dato dalle relazioni interindividuali tra le persone; la società non deve essere un limite alla libertà dell'individuo. Non può essere, tuttavia, definito iperindividualista. All'interno di questo schema sociale multiforme la religione non può essere strumento di governo. Il cristianesimo ha dato qualcosa ad ogni corrente politica, quindi nessuno può dire di possedere il monopolio della verità religiosa.
L'individuo deve scegliere da sé se seguire la propria coscienza di buon cittadino o di credente; non è la Chiesa che deve indirizzarlo nell'atto della scelta, la quale attiene strettamente alla sfera individuale del singolo. Il PPI nasce perciò come aconfessionale: la religione può influenzare, ma non imporre. In questo modo si palesa una concezione liberale del partito. In economia Sturzo non è un liberale classico, ma da un lato denuncia il capitalismo di Stato che ritiene dilapidatore di risorse, e dall'altro rimane convinto della possibilità di interventi dello Stato in economia, anche se per un tempo breve e finalizzato ad un risultato. Il suo faro è la centralità della persona, non delle masse; è un fautore dello stato minimo e censura già all'epoca l'eccessivo partitismo. Si dichiara, inoltre, ostile a una concezione statale panteistica.
In questo modo fonda il Popolarismo, dottrina politica autonoma e originale, ispirata alla pratica della Dottrina sociale della Chiesa cattolica arricchita dal suo pensiero e lavorio, spesso profetica e -pur essendo prettamente pragmatica- profondamente intessuta eticamente. Sturzo fu avversario del centralismo di Giolitti, di Mussolini, ma anche del primo impianto dell'Italia repubblicana, trovando sbagliata l'assenza del regionalismo, necessario per concedere ampia autonomia individuale. Fu un grande amante della scrittura storica.
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Luigi Sturzo |