Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 settembre 1990) è stato un magistrato italiano assassinato dalla Stidda.
Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952, figlio di un avvocato di nome Vincenzo Livatino e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, dove si impegnò nell'Azione Cattolica, nel 1971 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Palermo presso la quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 e il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l'Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta.
Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere.
Venne ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell'omicidio.
Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana e aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni.
Otto mesi dopo la morte del giudice, l'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga definì «giudici ragazzini» una serie di magistrati neofiti impegnati nella lotta alla mafia:
« Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno...? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta. »
Dodici anni dopo l'assassinio, in una lettera aperta pubblicata dal Giornale di Sicilia e indirizzata ai genitori del giudice, Cossiga smentì che quelle affermazioni dispregiative fossero riferite a Rosario Livatino, che definì invece "eroe" e "santo". Papa Giovanni Paolo II lo definì invece «martire della giustizia e indirettamente della fede».
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