La marcia di Alarico su Roma nel 410 |
Mentre l'Impero romano d'Oriente riuscì a sopravvivere per un altro millennio, la parte occidentale crollò in poco meno di un secolo. Sono state proposte numerose teorie per spiegare come Roma cadde, non tutte concordi: si ritiene che furono le invasioni barbariche a cagionarne la rovina, anche se il successo dei barbari fu almeno in parte agevolato dai limiti interni dell'Impero (perdita del mos maiorum, separatismo provinciale, l'influsso del cristianesimo sulla combattività dei soldati e sulle discordie interne causate dalla lotta alle eresie, danni provocati dalle riforme di Costantino I ecc.).
Nel corso del V secolo, a partire dal 406, Vandali, Alani, Svevi, Burgundi e Visigoti (spinti dalla migrazione verso occidente degli Unni) sfondarono il limes dell'Impero e dilagarono nelle province galliche e ispaniche, costringendo i Romani a riconoscerli come foederati (cioè alleati dell'Impero che, in cambio del loro sostegno bellico, ottenevano il permesso di stanziarsi in alcune province), che, tuttavia, si svincolarono man mano dall'autorità centrale, andando a costituire dei veri e propri regni romano-barbarici, solo nominalmente facenti parte dell'Impero. Neanche l'Italia era al sicuro dai Barbari: il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico I venne vista dai contemporanei come il segno imminente della fine del mondo. Discordie interne peggiorarono la situazione: il comes d'Africa Bonifacio, nominato nemico pubblico da Galla Placidia, per difendersi invitò i Vandali in Africa, che nel giro di un decennio la strapparono all'Impero (429-439), con il sostegno dei Mauri e della setta eretica dei Donatisti. I Vandali costruirono una flotta e in breve tempo occuparono la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Isole Baleari, riuscendo anche nell'impresa di saccheggiare Roma (455).
In breve, a parte una parte della Gallia e la Dalmazia, l'Impero si era ridotto alla penisola italica. Tuttavia anche là l'influenza dei barbari si fece sentire e minò la già traballante autorità degli Imperatori: nell'ultimo ventennio di vita dell'Impero esso era governato da imperatori fantoccio manovrati da dietro le quinte da generali di origini germaniche (Ricimero (461-472), Gundobaldo (472-474), Flavio Oreste (475-476)), ormai i veri padroni di Roma. L'ultimo di questi generali, Oreste, dopo aver costretto alla fuga l'imperatore Giulio Nepote, che si rifugiò in Dalmazia, dove continuò a regnare fino al 480, pose sul trono il figlio Romolo Augusto. Un anno dopo tuttavia il rifiuto da parte di Oreste di cedere alle truppe mercenarie barbariche un terzo dell'Italia causò la rivolta di quest'ultime, che, capeggiate da Odoacre, deposero l'ultimo imperatore Romolo Augusto, causando la caduta formale dell'Impero. Infatti Odoacre decise di non nominarsi Imperatore romano, ma semplicemente Re d'Italia.
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