Il rapace fiscalismo degli spagnoli suscitò varie rivolte, tra cui una delle più note di questo periodo è quella del 1647 del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu assassinato all'età di ventisette anni dagli stessi rivoltosi che lo avevano appoggiato.
La fine di Masaniello non decretò però la fine della rivolta: i napoletani, condotti dal nuovo capopopolo Gennaro Annese, riuscirono dopo vari mesi a cacciare gli spagnoli dalla città e il 17 dicembre fu infine proclamata la Real Repubblica Napoletana sotto la guida del duca francese Enrico II di Guisa, che in quanto discendente di Renato d'Angiò rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. Enrico era appoggiato dalla Francia che sperava in questo modo di far rientrare il Regno di Napoli sotto l'influenza francese. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da Giuseppe d'Alesi a Palermo, e da Ippolito di Pastina a Salerno. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il 6 aprile 1648, quando gli spagnoli ripresero il controllo della città.
Nel 1701 a Napoli avvenne una nuova insurrezione contro gli spagnoli: la congiura di Macchia ad opera dei nobili. Anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, la rivolta fallì. Il dominio spagnolo su Napoli continuò fino al 1707, anno in cui la guerra di successione spagnola pose fine al viceregno iberico sostituendogli quello austriaco.
42 CONTINUA